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giovedì 25 ottobre 2012

POSTE ITALIANE: UN PROBLEMA CHE INTERESSA TUTTI

Dando un occhiata al funzionamento di un ufficio di Poste Italiane in questi anni è stato possibile farsi una idea dello stato di salute dei servizi in Italia. Ciò potrebbe dirsi, in realtà, per ogni amministrazione diffusa capillarmente sul territorio. Guardi le facce della gente, ne percepisci gli umori e capisci se questo Paese ha raggiunto livelli di efficienza decenti.In effetti, stranamente, ad un progresso degli strumenti tecnologici, nelle Poste, non ha corrisposto un miglioramento in tutti i servizi. Ad esempio si lamentano, in generale, eccessive file alle poste stesse e ritardi nel recapito delle lettere. Strano, perchè le Poste erano state privatizzate nel 1998 (trasformazione in SpA). Una SpA all'italiana , ovviamente, in quanto l'azionista unico era ed è il Ministeo dell'Economia. Alcuni punti fermi di questa operazione sono comuni a quelli di altri processi simili. Ad esempio la perdita di centomila posti di lavoro.Se ne sono persi nel recapito, parallelamente alle sedi decentrate dello stesso, via via accorpate.Ed è aumentata la distanza da percorrere per molti clienti obbligati a farlo.Certo, gli utili societari sono aumentati ma si sono persi, anche recentemente, altri posti di lavoro ed è stato abolito il recapito al sabato. Peggioramento del servizio quindi (l'oggetto sociale di questa SpA).Nel bancoposta sono aumentati i servizi da fornire a parità di personale ma quest'ultimo non ha sufficiente dotazione tecnologica.La situazione societaria è sana (bilanci in equilibrio) ma le risorse non vengono usate per migliorare le condizioni del servizio.Come detto la riorganizzazione ha proceduto per "ondate" di cui le ultime, quelle da poco preannunciate saranno devastanti.Licenziamento di 12 mila portalettere, chiusura di 1200 uffici minori e razionalizzazione (apertura settimanale ridotta) per altri 600.
I più maligni sostengono che questo processo abbia due obbiettivi: scorporare il Bancoposta "bancarizzandolo" e frazionare, affidandolo a ditte private, il servizio di recapito.
Già in altri settori in cui questi processi sono andati avanti è stato possibile ricavare le controindicazioni che ora ovviamente, per il futuro, sono riproponibili per Poste Italiane. Essenzialmente: la possibilità che quando vi sia un disservizio l'utente non riesca a risalire al responsabile (non per fargli causa ma semplicemente per risolvere in fretta il suo problema perchè è solo ciò che in questi casi gli (ci) interessa). E poi il rischio che una privatizzazione e parcellizzazione spinta non favorisca la concorrenza ma l'instaurarsi di tanti piccoli monopoli territoriali, gestiti in dispregio delle esigenze delle collettività residenti nei territori più sperduti.
Anche se molti sembrano essersene dimenticati, il servizio postale è un bene di pubblica utilità. Un recapito efficiente incide sul benessere psicologico della gente, il bancoposta è uno degli strumenti più utilizzati per il risparmio popolare. Il quale a sua volta è raccolto dalla Cassa Depositi e Prestiti la quale svolge una funzione importante, tra le altre: quella di finanziare gli investimenti infrastrutturali dei Comuni.
La vertenza Poste, quindi, interessa tutti noi perchè sono in gioco beni preziosissimi che, una volta persi, difficilmente riusciremo a recuperare in breve tempo e a costi sostenibili.
Grande solidarietà quindi con le richieste dei lavoratori postali (innanzitutto: basta con i licenziamenti) , richiesta al governo di curare con la massima attenzione (come dovrebbe fare ogni buon proprietario) l'operato del suo management, una riflessione prima o poi da condurre tesa a rivalutare l'utilità del ritorno ad un soggetto pubblico di determinate funzioni, visto che 15 anni di liberalizzazione/privatizzazione hanno dimostrato il fallimento delle teorie sottostanti.
Cercheremo, come Sindacato, di dare anche noi il nostro contributo per il miglioramento di questa situazione, nell'interesse dei lavoratori e della collettività.

mercoledì 24 ottobre 2012

TRASPORTO AEREO: ALTRO CHE CRESCITA!

La dismissione (a seguito di privatizzazione)di Alitalia e il passaggio ad Alitalia-Cai (costata circa 30 mila posti di lavoro, compreso l'indotto, a partire dal 2008)ha tutt'altro che rilanciato il settore. Arrivano, da lì, costantemente e inesorabilmente, cattive notizie. Il ricorso a massicci licenziamenti, nei fatti e nelle intenzioni è tutt'altro che arginato. La situazione delle retribuzioni (contratto scaduto da mesi), per chi ancora lavora, non è certo diversa dal resto del lavoro dipendente in Italia (mal comune, mezzo gaudio). Ivi compreso il processo di precarizzazione dei rapporti di lavoro in essere, presenti e, ovviamente, futuri.Le condizioni dei lavoratori, dal punto di vista normativo, sono stagnanti. Il processo di esternalizzazione di alcune attività strategiche (come la manutenzione) prosegue in maniera regolare, costante e serena, come il corso di un grande fiume che nulla e nessuno può fermare. Altro che piani industriali di rilancio. I più maligni (ma la platea si sta allargando) ipotizzano che dietro a questa deriva ci sia la capacità dei francesi di portare a termine un graduale processo di impossessamento di quanto di buono (tanto) è ancora rimasto nell'aviazione civile del nostro Paese.Siamo quindi al paradosso che per poter tutelare i nostri interessi nazionali occorra affidarsi agli stranieri sperando che abbiano più sensibilità del gruppo di investitori che a suo tempo furono , in maniera così sospetta, incensati e glorificati.E' urgente che il governo torni a occuparsi della questione del rilancio, perchè ci sarebbero le condizioni, visto l'oggettivo incremento del numero dei passeggeri e delle merci trasportate, per combinare qualcosa di buono, una volta tanto,per l'economia del nostro Paese.Ma la domanda sorge spontanea: in merito all'operato dei privati cui è stata affidata la gestione di questi delicati passaggi, alle loro scelte, da parte di chi rappresenta il pubblico interesse c'è un adeguata attenzione? Non si ritiene arrivata l'ora di fare una inversione di marcia, tornando a valorizzare il capitale umano, contrastando processi di impoverimento che rischiano di divenire irreversibili? Non crede il governo che il mondo del lavoro aeroportuale abbia già dato tanto, troppo e che infierire ancora utilizzando selvaggiamente licenziamenti, precarietà, delocalizzazioni, esternalizzazioni, bassi salari, dia in sostanza un segnale nefasto a una economia che invece avrebbe bisogno di fiducia?Noi speriamo solo che oltre a una maggiore attenzione del governo vi sia anche un comportamento limpido e responsabile di tutti i sindacati. E' sano dividersi su opinioni diverse e trasparentemente esposte in pubblico in merito a un piano industriale, lo sarebbe meno se accadesse che alcune sigle ritenessero che, date le rilevanti risorse economiche in gioco, possano trovare spazio e giustificazioni il collaborazionismo con gli speculatori e gli avventurieri ai danni degli interessi di tutti.

mercoledì 3 ottobre 2012

SCIOPERO TRASPORTI: DOPO LO CHOC, RIFLETTIAMO E PROPONIAMO QUALCOSA DI NUOVO

Questo il resoconto e gli strascichi
Vorremmo innanzitutto dire che manifestiamo la nostra solidarietà sia ai lavoratori dei trasporti sia ai lavoratori (non del settore) che ieri hanno avuto grossi problemi per recarsi al lavoro.
NON siamo solidali con l'ASSTRA, con le Regioni, con il Governo, con i vertici delle Aziende di trasporto né con l'Organismo di Garanzia e tanto meno con i vertici delle Organizzazioni Sindacali promotrici dello sciopero. La responsabilità di quanto successo è di tutti costoro, tranne che dei lavoratori sopra richiamati.
L'ASSTRA farebbe bene a firmare, dopo 5 anni, il contratto di cui trattasi, il Governo e le Regioni a sollecitarla e a fare attenzione che i fondi verso quelle aziende vengano effettivamente dirottati verso le giuste destinazioni evitando di tagliare la dove si creerebbe un danno irreparabile. A volte si ha la sensazione che vi sia una sorta di complicità tra i vertici delle Aziende di trasporto e quelli dei Sindacati, come se fosse loro interesse comune mettere il coltello alla gola del consumatore per spillare più soldi al contribuente. Sarebbe infatti compito delle aziende vigilare che fatti come quello della saracinesca tra metro 1 e 3 a Milano non si verifichino. Quelle dell'Autorità di Garanzia poi sono le solite lacrime di coccodrillo quando ormai la frittata è fatta. Il quesito che anche stavolta è lecito porsi è: chi controlla l'Autorità di controllo?Chi verifica che i soldi con cui è mantenuta siano effettivamente ben spesi?
E' certo che il modello di limitazione del diritto di sciopero nei servizi pubblici ha fallito gli obbiettivi.
Gli utenti hanno avuto (e, sembra, prossimamente ne avranno ancor di più) pesanti disagi e danni, le Aziende (che, come accade nel settore pubblico e in quello dei servizi falsamente privatizzati) non ci hanno rimesso un euro, anzi, hanno guadagnato le trattenute per lo sciopero e risparmiato gli istituti collegati alla presenza al lavoro, oltre a essere considerate, ora, tra le vittime dei lavoratori, i lavoratori ci hanno rimesso relativamente alla loro immagine, il rinnovo del contratto (che magari adesso scatterà, come contentino) non potrà non subire gli effetti della spending review.
Tragicomica poi è stata la predica del Corriere della Sera il quale sembra arrivato da Marte , mentre sarebbe bene ricordare come da anni abbia sottovalutato i problemi del trasporto pubblico, nell'esaltazione del trasporto privato , salvo mettere in sordina , vista la mala parata, i fallimenti della strategia FIAT, delle industrie petrolifere, dei gestori di autostrade e delle procedure di privatizzazione che hanno interessato Alitalia e Ferrovie dello Stato, oltre al trasporto pubblico locale. Basterebbe che il Corriere della Sera dirottasse anche parte delle energie impiegate a beatificare Mario Monti verso una sollecitazione al Ministro Passera di prendere in mano, una volta per tutte, i destini di questo disgraziato trasporto popolare nel nostro Paese.
Quanto ai lavoratori, anche se il diritto di sciopero è sacro, ci appelliamo a loro affinchè non danneggino più dei loro pari. La maniera ci sarebbe, anche se toglierebbe spazio alle burocrazie sindacali. Non risulta che altre categorie di lavoratori, quando scioperano, vadano a bloccare l'esistenza dei lavoratori dei trasporti, impedendo loro di uscire di casa e andare al lavoro. I lavoratori dei trasporti pertanto non devono procurare a persone per bene come loro quei disagi che mai essi vorrebbero per sé. Una maniera per dimostrare maturità (e scaltrezza, ma per vincere occorre anche questa) sarebbe quella che scioperassero solo i controllori e non il resto del personale. In questa maniera i passeggeri viaggerebbero gratis senza difficoltà (e la vostra popolarità, nei loro confronti, schizzerebbe alle stelle), l'azienda (associata all'ASSTRA che, ribadiamo, va condannata per questo suo atteggiamento) non incasserebbe nulla per quel giorno e, eventualmente, gli altri lavoratori, con una colletta, potrebbero rimborsare i controllori per la trattenuta subita.
Semplice, ma non si farà mai. Altrimenti come giustificheremmo la presenza , il ruolo e i guadagni di Autorità di Garanzia sugli scioperi, dei vertici sindacali e dei giornalisti del Corriere della Sera che si occupano delle vostre proteste “cattive” che mettono in crisi l'ordine dei tecnocrati?