IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO Visto l'articolo 45, comma 1, della Costituzione; Visto il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577; Visto il decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale 18 luglio 1975, pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 211 dell'8 agosto 1975, con il quale l'Unione nazionale cooperative italiane (U.N.C.I.) e' stata riconosciuta quale associazione nazionale di rappresentanza assistenza e tutela del movimento cooperativo, ai sensi e per gli effetti degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 1577 del 1947, e ne e' stato altresi' approvato il relativo statuto; Visti gli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 recante la riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, con i quali si attribuiscono al Ministero delle attivita' produttive le funzioni ed i compiti gia' di competenza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale in materia di cooperazione; Visto il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, ed in particolare l'articolo 1, comma 12, il quale dispone che la denominazione «Ministero dello sviluppo economico» sostituisce, ad ogni effetto e ovunque presente, la denominazione «Ministero delle attivita' produttive» in relazione alle funzioni gia' conferite a tale Dicastero; Visto l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto; Visto l'articolo 3 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220 ed in particolare il comma 7, in forza del quale il Ministro delle attivita' produttive puo' revocare il riconoscimento alle Associazioni nazionali che non sono in grado di assolvere efficacemente le proprie funzioni di vigilanza sugli enti cooperativi associati; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre 2008, n. 197, recante il regolamento di organizzazione del Ministero dello sviluppo economico; Vista la relazione del Direttore Generale per le piccole medie imprese e gli enti cooperativi, allegata alla nota prot. n. 121080 in data 17 luglio 2013, con la quale sono state segnalate perduranti problematiche ed inefficienze nell'attivita' di vigilanza dell'U.N.C.I. nei confronti delle cooperative associate, stante il persistere di una conflittualita' interna circa il soggetto titolato all'effettiva rappresentanza dell'associazione, manifestata dalla nomina di rappresentanti legali eletti in adunanze separate, indette di volta in volta da organi oggetto di contestazione, con deliberazioni impugnate in sede giurisdizionale che hanno determinato pronunce difformi e non definitive, rese in sede cautelare; Vista la relazione dei Sindaci dell'U.N.C.I. i quali nel mese di dicembre 2010 avevano segnalato un perdurante stato di immobilita' dell'attivita' amministrativa dell'Associazione di rappresentanza, a seguito del conflitto insorto in seno ai relativi organi statutari, il quale non consentiva un andamento ordinato della gestione amministrativa e associativa, con conseguente mancata approvazione del bilancio consuntivo 2009 e del bilancio preventivo 2010 nonche' delle quote associative per l'anno 2010, atti indispensabili per il corretto svolgimento della vita associativa; Viste le risultanze dell'attivita' di vigilanza svolta dal Ministero nei confronti dell'Associazione nell'anno 2011, che ha confermato irregolarita' gestionali consistenti nella mancata approvazione di bilanci, nelle intervenute modifiche statutarie in contrasto con le indicazioni ministeriali, nelle ricorrenti carenze nella redazione dei verbali di revisione da parte dei revisori incaricati dall'U.N.C.I.; Viste le diffide rivolte all'U.N.C.I. a disporre specifici correttivi nell'organizzazione dell'attivita' revisionale, da attuarsi mediante programmazione e realizzazione di attivita' formativa e di aggiornamento dei revisori, in esito alle quali sono pervenute risposte contrastanti dai diversi soggetti che rivendicavano, contemporaneamente ed in conflitto tra di loro, la titolarita' della qualita' di legale rappresentante dell'Associazione; Preso atto della corrispondenza intercorsa con la Prefettura di Roma - Ufficio territoriale del Governo, la quale attesta il perpetuarsi della situazione di forte conflitto, dovuto alle contrapposte richieste di iscrizione, quale rappresentante legale, nel registro prefettizio delle persone giuridiche, da parte di soggetti diversi, legittimati a seguito di successive pronunce, non definitive e non univoche, rese dal Tribunale Civile di Roma. In particolare, nel solo ultimo anno risulta che sulla base di successive assemblee congressuali e di distinti provvedimenti giudiziali la Prefettura di Roma ha proceduto ad iscrivere quale presidente legale rappresentante prima il Cav. Pasquale Amico, poi il Sig. Cosimo Mignogna, successivamente il Cav. Pasquale Amico e, da ultimo, in data 29 settembre 2013, il Sig. Cosimo Mignogna; Vista la nota del Sindacato FE.S.I.C.A., pervenuta in data 13 settembre 2012, con la quale si segnala al Ministero l'assenza di certezze circa l'effettiva titolarita' della rappresentanza legale dell'U.N.C.I., ribadita con successiva nota dello stesso Sindacato del 15 marzo 2013, con la quale si rinnova la richiesta di chiarimenti sul soggetto titolato a rappresentare l'Associazione in giudizio, nel procedimento di opposizione al licenziamento di dipendenti in servizio presso la sede nazionale di U.N.C.I.; Tenuto conto delle segnalazioni e richieste di chiarimenti rivolte al Ministero, provenienti da enti di natura pubblica e privata presso i quali l'U.N.C.I. ha designato propri rappresentanti, circa l'effettivita' della carica di rappresentante legale dell'Associazione medesima, stanti le contrastanti affermazioni provenienti da soggetti che assumono di essere titolati; Preso atto delle numerose pronunce rese dal Tribunale di Roma, dalle quali emerge un insanabile conflitto e la non univoca individuazione del rappresentante legale dell'U.N.C.I. ed in particolare: - ordinanza 27 aprile 2012, la quale rinvia alla inevitabile convocazione dell'assemblea degli associati l'adozione delle decisioni necessarie per risolvere le problematiche verificatesi e ripristinare un regolare sistema amministrativo; - ordinanza collegiale 19 giugno 2012 la quale riconosce la validita' della costituzione in giudizio dell'UNCI nella persona del rappresentante legale p.t. Pasquale Amico; - ordinanza 27 luglio 2012, giudice dott.ssa Buonocore, con la quale e' stato ingiunto al prof. Paolo Galligioni di "immettere Amico Pasquale, quale neo nominato presidente dell'U.N.C.I. nella disponibilita' della documentazione e dei beni di pertinenza della predetta associazione e di consentire allo stesso il libero accesso alla sede dell'Ente, per l'espletamento delle funzioni di pertinenza; astenersi dal compimento di atti ed attivita' riservate, per legge o per statuto, al Presidente dell'U.N.C.I. o ad altro diverso organo dell'Associazione; astenersi dalla spendita della qualita' di presidente dell'U.N.C.I. nei rapporti con gli associati ed i terzi"; - ordinanza 16 novembre 2012, giudice dott. Scerrato, con la quale e' stata rigettata l'istanza di sospensione della delibera congressuale del 24 marzo 2012 che ha eletto il Cav. Amico a Presidente dell'U.N.C.I., confermata con successiva ordinanza collegiale del 6 febbraio 2013; - ordinanza del 10 gennaio 2013, giudice dott.ssa Dell'Orfano, che ha dichiarato la piena regolarita' di tutti gli atti prodromici al congresso del 24 marzo 2012, riguardante l'elezione del Cav. Pasquale Amico quale presidente e legale rappresentante dell'U.N.C.I.; - sentenza n. 16217 dell'11 giugno 2013, depositata in data 22 luglio 2013, con la quale il Tribunale di Roma - III Sezione Civile, ha accertato che lo statuto dell'U.N.C.I. da applicare e' quello del 2000, dichiarando altresi' nulla la deliberazione del Consiglio Generale U.N.C.I. del 23 giugno 2010 con cui venne fissata la convocazione del Congresso nazionale straordinario dell'Associazione ed approvato il relativo regolamento congressuale. Sulla base di detto provvedimento giudiziale e del congresso straordinario del 15 luglio 2013, la Prefettura di Roma ha provveduto ad iscrivere nel registro delle persone giuridiche il signor Mignogna Cosimo quale presidente e legale rappresentante dell'U.N.C.I.; - ordinanza del Tribunale Civile di Roma, Sezione III, giudice dott.ssa Libri, del 29 luglio 2013 con la quale e' stata in via preliminare rilevata l'infondatezza della eccezione di difetto di legittimazione passiva dell'U.N.C.I., rappresentata dal Cav. Amico, sul presupposto della spettanza a costui della carica di presidente dell'U.N.C.I., a seguito dell'elezione del 24 marzo 2012; Vista la comunicazione dell'avvio del procedimento di revoca di cui alla nota prot. n. 145274 in data 6 settembre 2013; Valutate le argomentazioni formulate mediante deposito di documentazione prodotta nel corso della accordata audizione delle parti controinteressate svoltasi in data 18 settembre 2013; Vista la successiva nota prot. n. 161545 in data 3 ottobre 2013 con la quale l'Amministrazione ha comunicato la sospensione per trenta giorni, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, della legge 7 agosto 1990, n. 241 del termine finale del procedimento di revoca; Preso atto altresi' che, successivamente alla comunicazione del 3 ottobre 2013, inerente la sospensione del termine finale del procedimento di revoca, in data 18 ottobre 2013 veniva richiesto all'U.N.C.I. un aggiornamento di notizie circa l'attivita' di vigilanza svolta; Preso atto che nel corso del procedimento di verifica dei presupposti per la revoca, il Cav. Amico ha ribadito l'avvenuta assegnazione di 3.403 incarichi di revisione cooperativa nell'anno 2013, con la conclusione di solo 296 di essi, ed il Sig. Mignogna ha dichiarato di aver autonomamente disposto l'effettuazione di circa 1.500 revisioni cooperative dietro segnalazione degli uffici regionali dell'Associazione, restando dunque acclarata l'incertezza sulla individuazione della carica di presidente e di soggetto legittimato all'attribuzione degli incarichi di revisione; Ritenuto che la predetta incertezza sulla individuazione della carica di presidente e di soggetto legittimato all'attribuzione degli incarichi di revisione incide sul corretto svolgimento dell'attivita' revisionale con possibili ripercussioni sugli esiti della stessa; Valutate le dichiarazioni e le osservazioni che le due parti hanno reso negli incontri tenuti presso la Direzione generale per le piccole e medie imprese e gli enti cooperativi, attraverso le quali e' stata ribadita da un lato l'impossibilita' di una soluzione stragiudiziale del perdurante conflitto, dall'altra la riproposizione dello sdoppiamento delle strutture sociali ed amministrative, fatti questi che rappresentano un evidente ostacolo alla corretta e serena gestione del rapporto associativo e revisionale con le cooperative aderenti; Considerato che tale perdurante incertezza nella titolarita' della "governance" associativa ostacola l'efficace svolgimento della attivita' revisionale nei confronti degli enti cooperativi associati e le relazioni con i soggetti istituzionali che hanno rapporti con l'U.N.C.I.; Preso atto che a causa della conflittualita' interna sono state fissate due distinte sedi sociali, ubicate in luoghi diversi, con conseguente indeterminatezza ai fini delle comunicazioni, notifiche e rapporti istituzionali; Considerato che la revoca del riconoscimento costituisce l'unico provvedimento previsto dalla legge come adottabile da parte della Amministrazione, in presenza di presupposti incidenti sullo svolgimento corretto ed efficiente della attivita' revisionale nei confronti delle societa' cooperative aderenti; Ritenuto che sussistono i presupposti di fatto e di diritto per l'adozione, ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 2 agosto 2002 n. 220, del provvedimento di revoca del riconoscimento dell'associazione U.N.C.I., atteso che la medesima Associazione non risulta essere piu' in grado di assolvere efficacemente alle funzioni di vigilanza sugli enti cooperativi associati, ad essa demandate; Considerato che il suddetto riconoscimento e' intervenuto con decreto ministeriale 18 luglio 1975, adottato ai sensi e per gli effetti degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, rilevando dunque sia ai fini della legittimazione allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza sia ai fini dell'acquisto della personalita' giuridica; Considerate le sopravvenute modifiche normative (articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto e articolo 3 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220) le quali circoscrivono il riconoscimento da parte di questo Ministero alla sola legittimazione allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza; Considerato che il presente provvedimento di revoca incide su di un riconoscimento, avvenuto in epoca antecedente alle suddette modifiche normative, che ha rivestito la duplice inscindibile valenza di legittimazione allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza e di acquisto della personalita' giuridica, e dunque deve valere per ogni effetto conseguente allo stesso riconoscimento; Visto l'articolo 11, comma 1, della legge 31 gennaio 1992, n. 59, il quale prevede che le associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo, riconosciute ai sensi dell'articolo 5 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni, e quelle riconosciute in base a leggi emanate da regioni a statuto speciale possono costituire fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, i quali possono essere gestiti senza scopo di lucro da societa' per azioni o da associazioni e sono alimentati ed incrementati ai sensi dei commi 4 e 5 del medesimo articolo 11; Considerato che l'U.N.C.I. ha costituito un fondo mutualistico gestito da Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A.; Ritenuto di dover disporre circa gli aspetti conseguenziali alla revoca del riconoscimento dell'U.N.C.I.; Decreta Art. 1 1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220, e' revocato ad ogni effetto il riconoscimento dell'Unione nazionale cooperative italiane (U.N.C.I.), quale associazione nazionale di rappresentanza e tutela del movimento cooperativo, di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 18 luglio 1975, adottato ai sensi degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577. Art. 2 1. A far data dalla pubblicazione del presente decreto, l'U.N.C.I. non e' piu' legittimato a ricevere alcun versamento di cui all'articolo 8 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 1577 del 1947, a titolo di contributo per l'attivita' revisionale da parte delle cooperative e degli enti mutualistici, quali individuati ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 220 del 2002. 2. A far data dalla suddetta pubblicazione, all'associazione U.N.C.I. e' fatto divieto di accettare versamenti relativi alle fattispecie di cui al comma 1, pena le responsabilita' configurabili alla stregua della normativa vigente. 3. Con successivo provvedimento saranno stabiliti criteri e modalita' per la definizione dei rapporti pendenti e per la individuazione delle risorse residue, acquisite per le attivita' revisionali, da versare al Bilancio entrata dello Stato, Capo XVIII, Capitolo 3592. Art. 3 1. A far data dalla pubblicazione del presente decreto, cessa la legittimazione della societa' Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A., che gestisce il fondo mutualistico costituito dall'U.N.C.I. ai sensi dell'articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, ad accettare versamenti e devoluzioni di cui al medesimo articolo 11, commi 4 e 5, rivenienti dalle societa' cooperative e dagli enti mutualistici quali individuati ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 220 del 2002. 2. A far data dalla suddetta pubblicazione, alla societa' Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A. e' fatto divieto di accettare versamenti e devoluzioni relativi alle fattispecie di cui al comma 1, pena le responsabilita' configurabili alla stregua della normativa vigente. 3. Con successivo provvedimento saranno stabiliti criteri e modalita' per la definizione dei rapporti pendenti e per la individuazione delle risorse residue, acquisite per le finalita' di cui al citato articolo 11, da versare al Bilancio entrata dello Stato, Capo XVIII, Capitolo 3592. Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Avverso il presente provvedimento e' ammesso, entro 60 giorni, ricorso giurisdizionale dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ovvero, entro 120 giorni, ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971. Roma, 22 novembre 2013 Il Ministro: Zanonato
martedì 3 dicembre 2013
COOPERATIVE: IL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETA LA FINE DELL'UNCI E DEL FONDO MUTUALISTICO PROMOCOOP
pubblicato sulla gazzetta ufficiale n.275 del 23 nov.2013
domenica 13 ottobre 2013
EXPO 2015: LA FOGLIA DI FICO DEI SINDACATI CONFEDERALI E’ TRASPARENTE
E’ con profonda delusione che stiamo assistendo , in questi
mesi che ci stanno avvicinando all’Expo 2015, alla squallida e piatta
convergenza di ogni forza politica su un ‘ uniforme vulgata riguardante i
presunti benefici occupazionali di questa manifestazione.
Chi ancora perde tempo a seguire le occasioni pubbliche in
cui compaiono i politici avrà notato come questi siano assidui e immancabili
frequentatori delle innaugurazioni, di qualsiasi opera si tratti, fosse pure di
un nuovo vespasiano di plastica in un giardinetto pubblico.
E’ frutto cio’ della deteriore americanizzazione all’italiana
della vita politica, nella quale la scadenza elettorale e la poltrona da
occupare pro tempore sono diventate tutto.
E l’expo 2015 non sta sfuggendo a questa regola. Ci
piacerebbe prendercela solo con i politici, ma non puo’ bastare, poiche’ i
sindacati confederali sono da tempo in prima fila in questa messa in scena.
Sarebbe facile, quasi come sparare sulla croce rossa,
esprimere timori su quali garanzie possa dare un governo regionale diretto da
una forza politica che sappiamo quali prove abbia dato di saper essere davvero
impermeabile alle infiltrazioni della criminalita’ organizzata.
Ma anche se volessimo dare a questo assetto di governo una
seconda chance, non ci pare sia poi stata operata una netta cesura in relazione
alla travagliata storia avuta dall’apparato politico chiamato a gestire
commissarialmente l’organizzazione della manifestazione. Non possiamo, ad
esempio, dimenticare che le cose dal 2008 hanno cominciato a muoversi solo a partire da quando
, nel 2013 l’attuale amministratore ha visto venir meno la presenza di un
commissario generale pluriindagato per un lungo periodo e nonostante questo
rimasto in sella.
Ma non intendiamo imbastire la solita polemica sul fatto che
determinati appalti siano stati comunque, nonostante le buone intenzioni,
inquinati dalla presenza di entità imprenditoriali oggetto tuttora di
accertamenti da parte dell’autorità giudiziaria.
I posti di lavoro, come il denaro, non profumano. Potrebbe
scaturire buona occupazione anche per opera di imprese discutibili. L’importante
e’ che quando determinati imprenditori vengono arrestati il soggetto pubblico
non pensi solo a metterli in galera e a sequestrare ma a mettere in condizione
nuovi soggetti puliti di subentrare e far ripartire i lavori, nell’interesse
anche del mantenimento dei livelli occupazionali.
E qui e’ il primo punto storicamente debole della politica e
del sindacalismo italiano, incapace di far pesare la propria forza per
impedire, ad esempio, che quando questi obbligati passaggi di mano debbano
avvenire cio’ accada nella certezza dell’assenza di conflitti di interesse.
Facendo quindi pensar male ossia immaginare che qualche prudenza sia dettata da
legami non chiari con le precedenti gestioni improvvisamente interrotte dall’intervento
della Magistratura. L’esempio dell’ILVA e’ fin troppo vicino ed istruttivo.
Cosa non ci piace dell’intervento sindacale che ha prodotto la
firma a fine luglio tra Expo 2015 e Triplice sindacale del protocollo sul Sito
Espositivo che frutterà i seguenti posti di lavoro: 340 apprendisti, 195 stagisti
e 18.500 volontari?
Non tanto il realismo. Sappiamo bene che e’ dovere di
qualsiasi sindacalista, nelle condizioni date, adoperarsi affinche’ qualcosa si muova. Meglio anche
pochi posti di lavoro, anche se precari, che il deserto assoluto e la
delocalizzazione che poi significa sfruttamento di altri lavoratori.
Ma qui si e’ davvero esagerato e in maniera scandalosa. L’adozione
di quelle tipologie di impiego e solo di quelle snatura ogni visione avanzata
di possibile flessibilità finalizzata a una visione moderna del processo di
entrata dei giovani nel mondo del lavoro.Il messaggio ò chiaro: i contributi se
possibile non vanno pagati, a beneficio delle aziende, qualunque cosa
combinino, e anche a scapito dei lavoratori.E significa mettere la firma su un
ben preciso concetto: e’ possibile creare nuove occasioni di lavoro solo
tollerando il lavoro nero legalizzato. E’ vero, non c’e’ la firma “diretta”delle
Istituzioni, sotto quel protocollo. Non ce la possiamo in teoria prendere con
nessun responsabile politico. Ma e’ anche peggio: in pratica , con la
riproposizione di un vecchio cavallo di battaglia di certo sindacalismo “i
problemi li risolvano le parti sociali e il governo se ne stia fuori” di fatto
condiviso da forze politiche, di maggioranza e di opposizione, e’ tutto il
sistema che ha dato l’avallo politico alla fine del diritto del lavoro. Perche’
d’ora in poi le leggi regoleranno il nulla (il lavoro che non c’e’) e gli
accordi tra i sindacati complici il lavoro nero, l’unico che conviene e piace
alle aziende.
Da ultimo ci domandiamo come mai da una parte i sindacati
seppelliscano le norme sul lavoro e dall’altra gli stessi partecipino a
manifestazioni politico-partitiche a sostegno dell’art. 1 della costituzione.
Forse questa Costituzione piace cosi’ tanto a loro perche’ finora gli ha
consentito impunemente di creare tanti danni alle categorie che dovrebbero
difendere? O perche’ si sentono tutelati meglio, nei loro interessi da un
articolo fantasma (il 39) che inapplicato e’ meglio che lo rimanga il piu’ a
lungo possibile?
E poi, cari colleghi dei sindacati confederali, come mai le
vostre proposte contro la disoccupazione giovanile contemplano solo mega
assunzioni pubbliche che mai si realizzeranno (per gli evidenti problemi di
finanza pubblica) e non invece una precisa critica e proposta alternativa nei
confronti di un modello di sviluppo (quello dei grandi eventi come l’Expo 2015
o la TAV o le Olimpiadi presenti e future) che non ha potuto e non potra’ assicurare
ne’ uno sviluppo sostenibile ne’ (anche volendo essere minimalisti),tantomeno,
stabile e buona occupazione?
Ma ormai la frittata e’ fatta, a Milano. Sappiano i
lavoratori, anche quelli che lavoreranno a termine in Expo, che quei sindacati
firmatari sono rappresentativi, si, ma solo delle rersponsabilità nel disastro
esistenziale che vi procureranno. E che, grazie a dio, non esauriscono di certo
il panorama del futuro sindacalismo italiano, dal passato glorioso.
giovedì 12 settembre 2013
ILVA: ORA BASTA. ESPROPRIARE L'AZIENDA E I RIVA. LO STATO SI ASSUMA LE SUE RESPONSABILITA'. LETTA DIA DIMOSTRAZIONE DI SERVIRE A QUALCOSA.
“””””””””Economia
12/09/2013
Caos Ilva, l’annuncio del gruppo Riva
“1500
esuberi dopo i sequestri del Gip”
LAPRESSE
Il commissario dell’Ilva Enrico
Bondi
Sospese tutte le attività in tutti
gli stabilimenti italiani del gruppo
Ira dei sindacati: «Inaccettabile,
ennesima beffa per i lavoratori»
taranto
gli stabilimenti italiani del gruppo
Ira dei sindacati: «Inaccettabile,
ennesima beffa per i lavoratori»
Il gruppo Riva ha annunciato che da domani metterà in libertà circa 1.500 addetti che operano nelle 13 società riconducibili alla famiglia e oggetto del sequestro di beni e conti correnti per 916 milioni di euro operato dalla Guardia di finanza nell’ambito dell’inchiesta tarantina per disastro ambientale. Lo rende noto la Uilm nazionale.
La messa in libertà riguarderebbe vari siti produttivi che il gruppo Riva possiede in tutta Italia. Nel capoluogo ionico l’unica società interessata sarebbe “Taranto Energia”, che conta 114 dipendenti. L’azienda ha già convocato per domani i sindacati di categoria, pare prospettando problemi per il pagamento degli stipendi.
Riva Acciaio conferma in una nota la cessazione da oggi di tutte le attività dell’azienda, esterne al perimetro gestionale dell’Ilva, e relative a sette stabilimenti in cui sono impiegati circa 1.400 persone. La decisione viene motivata con il sequestro preventivo penale del Gip di Taranto. Riva Acciaio spiega nel dettaglio che da oggi cesseranno tutte le attività dell’azienda, tra cui quelle produttive degli stabilimenti di Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero, Cerveno (Brescia) e Annone Brianza (Lecco) e di servizi e trasporti (Riva Energia e Muzzana Trasporti). «Tali attività non rientrano nel perimetro gestionale dell’Ilva - afferma l’azienda - e non hanno quindi alcun legame con le vicende giudiziarie che hanno interessato lo stabilimento Ilva di Taranto».
«La decisione - afferma la società -, comunicata al custode dei beni cautelari, Mario Tagarelli, e illustrata alle rappresentanze sindacali dei diversi stabilimenti coinvolti, si è resa purtroppo necessaria poiché il provvedimento di sequestro preventivo penale del Gip di Taranto, datato 22 maggio e 17 luglio 2013 e comunicato il 9 settembre, in base al quale vengono sottratti a Riva Acciaio i cespiti aziendali, tra cui gli stabilimenti produttivi, e vengono sequestrati i saldi attivi di conto corrente e si attua di conseguenza il blocco delle attività bancarie, impedendo il normale ciclo di pagamenti aziendali, fa sì che non esistano più le condizioni operative ed economiche per la prosecuzione della normale attività».
«Riva Acciaio impugnerà naturalmente nelle sedi competenti il provvedimento di sequestro, già attuato nei confronti della controllante Riva Forni Elettrici e inopinatamente esteso al patrimonio dell’azienda - conclude l’azienda -, in lesione della sua autonomia giuridica, ma nel frattempo deve procedere alla sospensione delle attività e alla messa in sicurezza degli impianti cui seguirà, nei tempi e nei modi previsti dalla legge, la sospensione delle prestazioni lavorative del personale (circa 1.400 unità), a esclusione degli addetti alla messa in sicurezza, conservazione e guardiani degli stabilimenti e dei beni aziendali».
Durissima la replica dei sindacati dopo l’annuncio dell’azienda: «Siamo di fronte a un ennesimo epilogo inaccettabile - tuona la Fim-Cisl - Diffidiamo l’azienda ad avviare la messa libertà dei lavoratori e la invitiamo a ricorrere immediatamente all’utilizzo degli ammortizzatori sociali. Invitiamo altresì la procura in tempi rapidi, a scorporare dal provvedimento di confisca tutto ciò che impedisce la normale prosecuzione dell’attività produttiva e lavorativa. Non accetteremo questa ennesima beffa ai danni dei lavoratori che non hanno nessuna responsabilità». “””””””””
COMMENTO ALM-AGL:
Come era prevedibile , questa vicenda
dell'ILVA si sta trasformando in una farsa per il popolo italiano e
in una tragedia per i lavoratori dell'ILVA e dell'indotto.
Non è accettabile che Stato e Governo
lascino soli Magistratura e Guardia di Finanza e non si schierino con
decisione in questa guerra tra la famiglia Riva (ma non erano stati
messi tutti in galera?) e quella parte delle istituzioni che sta
facendo il proprio dovere.
Che sta facendo il super commissario? E
i suoi collaboratori? Come mai tutta questa “timidezza” da parte
loro nel mettere mano alla situazione? Perchè ancora i dirigenti
dell'ILVA hanno così tanta mano libera?Perchè Letta, Alfano,
Zanonato, Giovannini, Vendola sono così evanescenti? A suo tempo
denunciammo i finanziamenti dei Riva ai vertici dei massimi
schieramenti politici. Ne chiedemmo la restituzione, mai avvenuta.
Dobbiamo pensare male? Erano solo la punta di un iceberg? Forse i
Riva sono così tutelati dalla politica perchè si teme che rivelino
cose sconvenienti?
Se lo strumento commissariale si sta
rivelando inconsistente, si abbia il coraggio si andare oltre.
SUBITO! Si espropri l'ILVA, venga incamerata dallo Stato, metta a
capo di essa dei veri imprenditori e non dei pirati, si chieda la
collaborazione internazionale (il recente G20 non aveva decretato la
fine dei paradisi fiscali?) per recuperare anche all'estero i beni
dei Riva e metterli al servizio della collettività. E, per favore,
i sindacati “rappresentativi”, che si sono rivelati marionette,
in questa vicenda, la finiscano di interporsi tra l'ira dei
lavoratori e la famiglia Riva. Perchè tante attenzione a quei
“Signori” da parte loro? Anche in questo caso dobbiamo pensare
male?
In altri momenti abbiamo espresso il
nostro parere sul futuro dell'industria siderurgica italiana e su
quelle che avrebbero già dovuto essere vere scelte strategiche,
altro che il campare alla giornata in questo tragicomico ping pong.
Ma qui , in questo specifico caso, è
diverso. Va assicurata la sopravvivenza di questi lavoratori, va
risanato l'ambiente, va recuperata la potenzialità produttiva, va
respinto il ricatto criminale. E poi ne sta andando di mezzo la
dignità nazionale, messa in discussione da un manipolo di
imbroglioni. Spesso si parla a vanvera di ruolo regolatore dello
Stato nell'economia. Se questo Governo e questa Maggioranza ritengono
di essere così utili al Paese ce lo dimostrino in questa occasione,
espropriando l'ILVA e i Riva, affidando questa azienda ad altri
imprenditori che abbiano a cuore l'interesse nazionale (per carità,
lasciamo perdere le nazionalizzazioni, non per pregiudizio ma per
evitare che rientrino dalla finestra personaggi impresentabili legati
a doppia fila con certa politica).IMMEDIATAMENTE!
ALM Alleanza Lavoratori
Metalmeccanici aderente all'AGL
mercoledì 7 agosto 2013
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO: I SINDACATI INTERNI CONTRO LA VIGILANZA SULLE COOPERATIVE: PAGHERANNO LORO I SOLDI PERSI DALL'ERARIO?
Tratto da http://www3.varesenews.it/
“”””””””””Busto
Arsizio
Leader del catering e del lavoro nero, 14 denunciati
Le Fiamme Gialle
di Gallarate e la Procura di Busto hanno fatto luce su un sistema di
società di catering e facchinaggio che fornivano servizi di
ristorazione di alto livello, ma reclutavano e pagavano i lavoratori
in nero
Feste vip, la settimana della moda,
grandi eventi, cene eleganti a San Siro, matrimoni nei luoghi più
esclusivi: questi erano gli appuntamenti per i quali fornivano il
loro servizio cinque società di catering e 4 cooperative di
facchinaggio risultate evasori totali e centrali dello
sfruttamento del lavoro nero, scoperte dalla Guardia di
Finanza di Gallarate e dal sostituto procuratore della
Repubblica di Busto Arsizio, Francesca Parola. I
risultati dell'operazione "Wild Catering"
sono stati presentati questa mattina nella sala riunioni degli uffici
di largo Giardino dal procuratore facente funzioni Eugenio
Fusco, dal comandante provinciale delle Fiamme Gialle
Antonio Morelli e dal capitano Paolo Pettine
della Compagnia di Gallarate (alla sua ultima
indagine prima di trasferirsi a Roma, ndr). I numeri snocciolati
dal capitano svelano la grandezza del giro d'affari: oltre 2100
lavoratori impiegati irregolarmente, 70 milioni di
euro sottratti al fisco, beni sequestrati per un
valore di oltre 3,5 milioni di euro, 14 persone
denunciate.
L'indagine è partita da un articolo che raccontava l'esperienza di un lavoratore di una delle cooperative di facchinaggio: «In quell'articolo il lavoratore denunciava l'esistenza di un'organizzazione di caporali che sfruttava il lavoro di persone bisognose nella zona del Basso Varesotto - ha spiegato il comandante Morelli - da lì abbiamo avviato l'indagine condotta dagli agenti di Gallarate in maniera impeccabile». Da quella denuncia si è scoperto che i caporali in provincia di Varese erano tre e attorno a loro gravitavano almeno un centinaio di persone che venivano chiamate per lavorare in queste occasioni mondane tra la provincia di Varese e quella di Milano. I lavoratori venivano pagati in nero dalla società di catering circa 12 euro l'ora, di questi 2 euro all'ora andavano al caporale oltre ad una sorta di pizzo di 5 euro giornaliere per quello che nel sistema veniva definito "diritto di chiamata". Un lavoratore che lavorava 10 ore, quindi, incassava 120 euro e ne girava 25 allo sfruttatore.
L'inchiesta ha svelato un sistema molto articolato e ampio. Le verifiche fiscali sulle cooperative di facchinaggio ha permesso di scoprire che, a capo delle società, vi erano nullatenenti o stranieri (in particolare cingalesi, ndr) e che queste avevano una vita media inferiore ai due anni per evitare verifiche fiscali. Ogni anno e mezzo, quindi, la cooperativa veniva chiusa e riaperta con un altro nome in modo da sfuggire ai controlli. L'imponibile evaso è risultato consistere in 56 milioni di euro mentre 11 sono i milioni di euro di Iva evasa. Le società hanno tutte sede a Milano e ora sono oggetto di ulteriori verifiche da parte della Procura di Milano. Oltre all'evasione fiscale le Fiamme Gialle hanno anche contestato il nuovo reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, introdotto a settembre 2011. Infine vale la pena sottolineare i sequestri effettuati: immobili di pregio a Milano, beni mobili e gioielli di grande valore per un ammontare complessivo stimato in 3,5 milioni di euro. Anche così venivano spesi i soldi sottratti al fisco e sulle spalle delle tante persone che vivono ai margini del mercato del lavoro.
L'indagine è partita da un articolo che raccontava l'esperienza di un lavoratore di una delle cooperative di facchinaggio: «In quell'articolo il lavoratore denunciava l'esistenza di un'organizzazione di caporali che sfruttava il lavoro di persone bisognose nella zona del Basso Varesotto - ha spiegato il comandante Morelli - da lì abbiamo avviato l'indagine condotta dagli agenti di Gallarate in maniera impeccabile». Da quella denuncia si è scoperto che i caporali in provincia di Varese erano tre e attorno a loro gravitavano almeno un centinaio di persone che venivano chiamate per lavorare in queste occasioni mondane tra la provincia di Varese e quella di Milano. I lavoratori venivano pagati in nero dalla società di catering circa 12 euro l'ora, di questi 2 euro all'ora andavano al caporale oltre ad una sorta di pizzo di 5 euro giornaliere per quello che nel sistema veniva definito "diritto di chiamata". Un lavoratore che lavorava 10 ore, quindi, incassava 120 euro e ne girava 25 allo sfruttatore.
L'inchiesta ha svelato un sistema molto articolato e ampio. Le verifiche fiscali sulle cooperative di facchinaggio ha permesso di scoprire che, a capo delle società, vi erano nullatenenti o stranieri (in particolare cingalesi, ndr) e che queste avevano una vita media inferiore ai due anni per evitare verifiche fiscali. Ogni anno e mezzo, quindi, la cooperativa veniva chiusa e riaperta con un altro nome in modo da sfuggire ai controlli. L'imponibile evaso è risultato consistere in 56 milioni di euro mentre 11 sono i milioni di euro di Iva evasa. Le società hanno tutte sede a Milano e ora sono oggetto di ulteriori verifiche da parte della Procura di Milano. Oltre all'evasione fiscale le Fiamme Gialle hanno anche contestato il nuovo reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, introdotto a settembre 2011. Infine vale la pena sottolineare i sequestri effettuati: immobili di pregio a Milano, beni mobili e gioielli di grande valore per un ammontare complessivo stimato in 3,5 milioni di euro. Anche così venivano spesi i soldi sottratti al fisco e sulle spalle delle tante persone che vivono ai margini del mercato del lavoro.
11/07/2013
Ci
complimentiamo con la Guardia di Finanza di Gallarate e con la
Procura della Repubblica di Busto Arsizio per questo grande risultato
della loro attività. Loro hanno il compito di reprimere questi
fenomeni e lo fanno in maniera eccezionale.
Ma
prima della repressione dovrebbe esserci la PREVENZIONE che, nel
nostro Paese, riguardo alle Cooperative è organizzata prevedendo che
in teoria ogni due anni una ben determinata Amministrazione, il
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, avrebbe il dovere, tramite
revisori statali appositamente abilitati, di visitare ogni
cooperativa e di esaminare la regolarità del suo funzionamento.
Se
ci fosse stata questa prevenzione, molto probabilmente,quei 67
milioni di euro relativi a questa vicenda a quest'ora sarebbero nelle
casse dell'Erario e non in mano a dei delinquenti.
Anche
uno sciocco quindi capirebbe che chi non effettua questa prevenzione
o ne ostacola l'espletamento provoca DANNO ERARIALE PER CENTINAIA DI
MILIONI DI EURO
Il
Ministero, da anni, ha a disposizione per questa attività dei
funzionari statali che provengono per lo più dal Ministero del
Lavoro e, solo di recente, anche dall'Agenzia delle Entrate e dallo
stesso Ministero dello Sviluppo Economico.
Chi
volesse farsi una cultura sulle vicende di questa vigilanza (che ha
mille problemi e che è stata sempre ostacolata ) potrebbe scorrere i
numerosi articoli che abbiamo prodotto. Quindi non intendiamo tediare
ulteriormente i lettori non interessati.
L'opinione
pubblica deve sapere che , nel silenzio complice di tutte le
organizzazioni sindacali del Ministero dello Sviluppo Economico,
anche la poca prevenzione finora fatta rischia di sparire del tutto.
Abbiamo
letto, inorriditi, il seguente passaggio di un documento sindacale
CGIL che qui riportiamo:
“””””””””Oggetto:
comunicato contrattazione 12 giugno
2013
[cid:image002.jpg@01CE7104.66D05420]
Ministero dello sviluppo economico
COMUNICATO FP CGIL
RIUNIONE DI CONTRATTAZIONE 12 GIUGNO 2013 Revisioni cooperative
L’Amministrazione fornisce l’informativa in merito alla
programmazione dei prossimi quattro corsi di aggiornamento per
revisori di cooperative, destinati al personale della periferia, che
si svolgeranno tra luglio e ottobre.[cid:image002.jpg@01CE7104.66D05420]
Ministero dello sviluppo economico
COMUNICATO FP CGIL
Quanto alla formazione di nuovi ispettori, è in programma un corso destinato al personale MISE centrale per complessivi 30 posti, di cui 15 sarebbero riservati al personale già nella graduatoria 2011, e 15 al personale della DG PMI Enti cooperativi. L’Ufficio formazione prevede la possibilità di realizzare altri corsi fino all’esaurimento della graduatoria 2011, che attualmente consiste di 77 persone.
Un altro corso, per le sedi periferiche, dovrebbe partire, previa emanazione della relativa circolare, il 23 settembre.
Le OO.SS. evidenziano la necessità di risolvere l’annosa problematica legata alle funzioni ispettive: l’avvalimento con il Ministero del Lavoro e l’Agenzia delle entrate impedisce al MISE di gestire la competenza in piena autonomia e di effettuare una adeguata programmazione del lavoro. Occorre quindi un intervento forte del Gabinetto allo scopo di porre termine all’avvalimento e ricondurre la competenza in toto all’interno del Ministero.
Le OO.SS. ritengono pertanto di approvare al momento il solo svolgimento dei corsi di aggiornamento, subordinando l’approvazione dei corsi per nuovi revisori all’impegno dell’Amministrazione di ottenere dai vertici politici la progressiva cessazione dell’avvalimento e una seria programmazione della formazione 2013-2014, con la garanzia di esaurire la graduatoria ancora vigente.”””””””””
In pratica una organizzazione sindacale (e le altre, perchè non hanno nulla da dire, sono d'accordo?) chiedono (evidentemente per logiche burocratiche interne a una specifica Amministrazione che nulla hanno a che vedere con l'interesse pubblico) l'esclusione dall'attività di vigilanza degli Ispettori provenienti dal Ministero del lavoro e dall'Agenzia delle Entrate .
Chiedono che l'attività di revisione sia svolta dai soli dipendenti del Ministero dello Sviluppo Economico lasciando, di fatto, molte aree del paese scoperte e così facendo indebolendo notevolmente l'azione di controllo.
Alcuni avanzano il dubbio che questa operazione sia strumentale al passaggio della vigilanza sulle cooperative dallo Stato ai privati, cioè alle Centrali Cooperative che già oggi, in una situazione di mostruoso conflitto di interessi, sono incaricate della vigilanza nei confronti delle loro aderenti. Ossia, ogni 2 anni viene in cooperativa un ispettore pagato dalla cooperativa stessa attraverso il contributo versato alla propria associazione. Figuriamoci che tipo di vigilanza ne possa scaturire.
E' per questo che sollecitiamo sia gli ispettori stessi che il personale e i sindacati interni delle rispettive amministrazioni, i lavoratori delle cooperative , sia i politici che e la parte più sensibile della magistratura a monitorare attentamente la situazione e a intervenire, se necessario, per stroncare sul nascere questo attentato alla funzionalità dell'attività di vigilanza.
ALP-AGL Ispettori di Società Cooperative
venerdì 19 luglio 2013
ARRESTATO PER ESTORSIONE DATORE DI LAVORO "PART-TIME"
DALL'AGENZIA ANSA
www.ansa.it
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2013/07/19/Pagava-dipendenti-meta-dovuto-arrestato_9046089.html
""""""""""
(ANSA) - LAMEZIA TERME (CATANZARO), 19 LUG - Pagava i
dipendenti per 4-5 ore di lavoro al giorno in base ad un
contratto part-time, ma li costringeva a lavorarne almeno 8-10
con l'implicita minaccia di licenziarli in caso di rifiuto. E'
l'accusa mossa dalla Procura di Lamezia Terme ad un imprenditore
del settore degli autotrasporti, Ferdinando Greco, 38 anni,
arrestato per estorsione dai finanzieri del Gruppo di Lamezia.
Secondo l'accusa, così facendo, l'imprenditore avrebbe guadagnato 270 mila euro."""""""""
www.ansa.it
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2013/07/19/Pagava-dipendenti-meta-dovuto-arrestato_9046089.html
""""""""""
Pagava dipendenti metà dovuto, arrestato
A Lamezia Terme assunti con part-time lavoravano 8-10 ore
19 luglio, 16:37Secondo l'accusa, così facendo, l'imprenditore avrebbe guadagnato 270 mila euro."""""""""
sabato 8 giugno 2013
CON L'ARRIVO DI COSTEL IONITA L'AGL DIVENTA SEMPRE PIU' FORTE TRA GLI AUTOTRASPORTATORI ROMENI !
(nella foto: Costel Ionita)
COSTEL IONITA, a cui diamo il benvenuto e al quale facciamo i migliori auguri di buon lavoro, è stato appena nominato:
* Vice Responsabile Nazionale AUTOTRASPORTATORI Romeni dell'ALT-AGL (Alleanza Lavoratori TRASPORTI aderente alla Confederazione AGL)
* Vice Segretario degli Autotrasportatori ALT-AGL in Romania
* Vice Segretario dell'ALEI-AGL (Alleanza Lavoratori EMIGRATI E IMMIGRATI aderente alla Confederazione AGL) in Romania.
Questi sono i suoi recapiti:
cell.: 3275956303 ; e-mail: pavel-pavel@live.it
e questi i suoi siti Internet sindacali di riferimento:
http://alt-agl.blogspot.it
http://alei-agl.blogspot.it
http://agl-europa.blogspot.it
COSTEL IONITA, a cui diamo il benvenuto e al quale facciamo i migliori auguri di buon lavoro, è stato appena nominato:
* Vice Responsabile Nazionale AUTOTRASPORTATORI Romeni dell'ALT-AGL (Alleanza Lavoratori TRASPORTI aderente alla Confederazione AGL)
* Vice Segretario degli Autotrasportatori ALT-AGL in Romania
* Vice Segretario dell'ALEI-AGL (Alleanza Lavoratori EMIGRATI E IMMIGRATI aderente alla Confederazione AGL) in Romania.
Questi sono i suoi recapiti:
cell.: 3275956303 ; e-mail: pavel-pavel@live.it
e questi i suoi siti Internet sindacali di riferimento:
http://alt-agl.blogspot.it
http://alei-agl.blogspot.it
http://agl-europa.blogspot.it
mercoledì 5 giugno 2013
PAVEL AUREL, UNO DEI LEADER DEGLI AUTOTRASPORTATORI ROMENI , ENTRA IN AGL !
Il Dott. Pavel Aurel, a cui diamo il
benvenuto e al quale facciamo i migliori auguri di buon lavoro, è
stato appena nominato:
* Responsabile Nazionale Autotrasportatori Romeni dell'ALT-AGL (Alleanza Lavoratori Trasporti aderente alla Confederazione AGL)
* Segretario degli Autotrasportatori ALT-AGL in Romania
* Segretario dell'ALEI-AGL (Alleanza Lavoratori Emigrati e Immigrati aderente alla Confederazione AGL) in Romania.
Questi sono i suoi recapiti:
cell.: 0039-3208877745; 0039-3896938469; 0040-769455194
* Responsabile Nazionale Autotrasportatori Romeni dell'ALT-AGL (Alleanza Lavoratori Trasporti aderente alla Confederazione AGL)
* Segretario degli Autotrasportatori ALT-AGL in Romania
* Segretario dell'ALEI-AGL (Alleanza Lavoratori Emigrati e Immigrati aderente alla Confederazione AGL) in Romania.
Questi sono i suoi recapiti:
cell.: 0039-3208877745; 0039-3896938469; 0040-769455194
e-mail: pavel-pavel@live.it;
pavel.aurel72@gmail.com
e questi i suoi siti Internet sindacali di riferimento:
http://alt-agl.blogspot.it
http://alei-agl.blogspot.it
http://agl-europa.blogspot.it
e questi i suoi siti Internet sindacali di riferimento:
http://alt-agl.blogspot.it
http://alei-agl.blogspot.it
http://agl-europa.blogspot.it
mercoledì 24 aprile 2013
POSTE ITALIANE: EMERGENZA RECAPITO
(di Yasmina )
In Italia non tutti gli sportelli operano a servizio del pubblico, anzi alcuni di essi restano chiusi, creando non pochi disagi agli utenti, costretti ad estenuanti file per il pagamento di una semplice bolletta. La mancanza di sportelli a causa della carenza di personale, risulta essere solo una delle anomalie , che - sommata a tante altre - sta agitando i cittadini costretti ad adeguarsi agli sportelli naturalmente con spirito di rassegnazione e sopportazione.
Rimpiangiamo tutti gli anni in cui le Poste erano un Ente Pubblico e si occupava del suo compito: la consegna della posta e non , come accade ora in prevalenza, di servizi finanziari. Il problema della riorganizzazione degli uffici postali sta mettendo in crisi le famiglie di lavoratori e pensionati a causa delle attese interminabili per poter effettuare il pagamento di un conto corrente, per poter ritirare la pensione e per qualsiasi altra operazione postale, poiché tutti i servizi vengono erogati da pochissimi sportelli.
La difficoltà, nell’usufruire dei servizi postali ,diventa insostenibile ed è palese il fatto che il personale addetto agli sportelli, pur prodigandosi, è assolutamente carente rispetto ai compiti che è chiamato a svolgere.Siamo di fronte a un depauperamento dei servizi minimi essenziali , grave, perché incide su utenti per lo più anziani , malati, handicappati.
E' uno stillicidio di segnalazioni. L'ultima, quella di oggi: Foggia sepolta dalle raccomandate (clicca sul seguente link:http://foggia.ilquotidianoitaliano.it/dalla-provincia/2013/04/news/foggia-sepolta-da-raccomandate-poste-italiane-apra-nuovi-uffici-23067.html/ ).
Speriamo che il nuovo Governo che si sta formando assegni la giusta attenzione a questi fattori di disagio, che riguardano tutto il Paese, e che abbia il coraggio di bloccare immediatamente processi di ristrutturazione e riorganizzazione scellerati evidentemente orientati da interessi privatistici molto distanti da quello pubblico di garantire il buon funzionamento al servizio essenziale del recapito della posta.
YASMINA
In base alle norme vigenti cui deve attenersi
Poste Italiane SpA – ma ciò accade in tutto il mondo – il postino , per
consegnare una raccomandata, deve suonare al citofono. Se il destinatario non
risponde, deve lasciare un avviso. Ma prima di lasciarlo, deve assicurarsi che
la persona non ci sia effettivamente. E se accade che nello stesso condominio
non siano presenti in quel momento diverse persone? Oppure che qualcuno non sia
in grado di rispondere perchè malato o handicappato? Ebbene, il postino dovrebbe
caso per caso salire e consegnare la raccomandata alla porta. Ma la maggior
parte di essi non lo fa. Si riempiono gli atri dei palazzi di avvisi che ben
presto si trasformano in carta straccia e finiscono nella spazzatura. E questo è
un grave disservizio che procura danni economici e morali.
La colpa ovviamente non è dei postini ma di chi
li dirige e dell'Azienda.La quale ha sempre più problemi. E non solo nella fase
della consegna.
Dagli organi di stampa emergono i continui disagi causati
da ricorrenti problemi gestionali dell’azienda Poste italiane S.P.A. In Italia non tutti gli sportelli operano a servizio del pubblico, anzi alcuni di essi restano chiusi, creando non pochi disagi agli utenti, costretti ad estenuanti file per il pagamento di una semplice bolletta. La mancanza di sportelli a causa della carenza di personale, risulta essere solo una delle anomalie , che - sommata a tante altre - sta agitando i cittadini costretti ad adeguarsi agli sportelli naturalmente con spirito di rassegnazione e sopportazione.
Rimpiangiamo tutti gli anni in cui le Poste erano un Ente Pubblico e si occupava del suo compito: la consegna della posta e non , come accade ora in prevalenza, di servizi finanziari. Il problema della riorganizzazione degli uffici postali sta mettendo in crisi le famiglie di lavoratori e pensionati a causa delle attese interminabili per poter effettuare il pagamento di un conto corrente, per poter ritirare la pensione e per qualsiasi altra operazione postale, poiché tutti i servizi vengono erogati da pochissimi sportelli.
La difficoltà, nell’usufruire dei servizi postali ,diventa insostenibile ed è palese il fatto che il personale addetto agli sportelli, pur prodigandosi, è assolutamente carente rispetto ai compiti che è chiamato a svolgere.Siamo di fronte a un depauperamento dei servizi minimi essenziali , grave, perché incide su utenti per lo più anziani , malati, handicappati.
E' uno stillicidio di segnalazioni. L'ultima, quella di oggi: Foggia sepolta dalle raccomandate (clicca sul seguente link:http://foggia.ilquotidianoitaliano.it/dalla-provincia/2013/04/news/foggia-sepolta-da-raccomandate-poste-italiane-apra-nuovi-uffici-23067.html/ ).
Speriamo che il nuovo Governo che si sta formando assegni la giusta attenzione a questi fattori di disagio, che riguardano tutto il Paese, e che abbia il coraggio di bloccare immediatamente processi di ristrutturazione e riorganizzazione scellerati evidentemente orientati da interessi privatistici molto distanti da quello pubblico di garantire il buon funzionamento al servizio essenziale del recapito della posta.
YASMINA
giovedì 18 aprile 2013
giovedì 11 aprile 2013
AL VIA A MILANO IL PROCESSO PER L'AVVELENAMENTO DI UN FARMACISTA DA PARTE DI UN IMPRENDITORE DELL'AUTOTRASPORTO: IPOTESI INQUIETANTI AL VAGLIO DEI GIUDICI
Molti ricorderanno il fatto di cronaca
che ebbe qualche tempo fa risonanza nazionale. L'anomalo omicidio,
tramite avvelenamento, da parte di un imprenditore in difficoltà
dell'”amico” farmacista.
La vicenda torna alla ribalta (lo
testimonia l'articolo apparso ieri sulla cronaca milanese di
Repubblica e che qui riportiamo) perchè è arrivato il momento
dell'inizio del processo. Saranno i giudici a dirimere la questione e
non sarà un compito facile. Certo, la linea difensiva
dell'imprenditore scelta da parte dell'Avvocato Andrea Benzi, del
Foro di Milano, se le gravi ipotesi che innanzitutto la Squadra
Mobile ha avanzato (delitto consumatosi all'interno di un giro di
usura in cui sono coinvolti anche pregiudicati appartenenti a clan
mafiosi) saranno confermate dai giudici , non potrà non dipingere
anche un preoccupante affresco delle condizioni nelle quali la
piccola impresa oggi si trova a operare nel nostro Paese, in
particolare al nord. L'imprenditore, Gianfranco Bona, era a capo di
una impresa dell'autotrasporto che contava una ventina di dipendenti.
Il nostro Sindacato, l'AGL, si è adoperato in prima persona, nei
mesi scorsi, tramite accordi individuali stipulati in sede sindacale,
affinchè per i lavoratori fosse garantita una uscita indolore
dall'azienda ormai cessata e a rischio di fallimento. Una vicenda
amarissima che dimostra come due questioni, pur da tempo all'ordine
del giorno della polemica politica (le Pubbliche Amministrazioni che
non saldano i propri debiti con le imprese fornitrici e il ruolo
sconcertante da parte del sistema bancario nel creare più difficoltà
possibili al sistema delle imprese e ai suoi lavoratori) irrisolte
per mancanza di volontà da parte di chi ha governato finora il
Paese, stanno mietendo vittime (pensiamo ai suicidi) tra
imprenditori, professionisti e soprattutto i lavoratori e le loro
famiglie che finiscono sul lastrico. In Italia si suol dire che il
potere pubblico si muove tardi sulle situazioni più a rischio e solo
quando ci scappa il morto. Ecco, qui non solo i morti ci sono da mesi
ma abbiamo l'impressione che un po' tutti ci stiamo facendo
l'abitudine. Non solo quindi un paese in decadenza per la crisi
globale ma, purtroppo , un'Italia che sta sempre più sprofondando
nell'indifferenza, nella violenza e nella barbarie. Inutile dire che
se è la mafia l'unico prodotto italiano per il quale va a gonfie
vele sia l'esportazione (valga a dimostrarlo l'ultimo libro di
Saviano in cui si osserva che il modello italiano è sempre più il
punto di riferimento per le più spietate cosche nel mondo) sia il
mercato interno (assieme all'usura può entrare nelle vite di tutti,
come questo fatto di cronaca conferma) allora sono in pericolo la
convivenza civile e la democrazia. E significa pure che la spinta
propulsiva delle vecchie associazioni anti mafia e anti usura forse
si è esaurita e finalmente è arrivata l'ora che ogni partito, ogni
sindacato (come noi dell'AGL), ogni organizzazione datoriale, ogni
ordine professionale debba prendere in mano queste bandiere, senza
più delegarle ad avanguardie solitarie.
domenica 17 febbraio 2013
I RAPPORTI CON L'EUROPA E I VERI INTERESSI DEI LAVORATORI ITALIANI
In campagna elettorale è uno dei tempi
più trattati: quello dei rapporti dell'Italia con la Merkel e con
l'Europa (da essa , sembra, di fatto, egemonizzata) con la Francia
(che bene o male, come suo solito, riesce a darsi una chiave per
gestire i propri interessi) con gli USA (da noi italiani criticati
ma, probabilmente, non del tutto compresi)
A nostro parere i ragionamenti che si
fanno in Italia sono inquinati dalla persistenza di miti e di frasi
fatte. Uno dei rimpianti legati all'avvento dell'euro è quello della
sopravvenuta impossibilità di mantenere il nostro export facendo
leva, come una volta accadeva, sulla svalutazione. Si dice: perchè
americani e giapponesi possono farlo e noi no? A nessuno viene in
mente che forse è l'imprenditoria italiana a non saper essere più
competitiva come una volta. Forse perchè ha sempre pensato ad
arrangiarsi e a speculare più che agli interessi veri del Paese la
tutela dei quali fosse oggetto dell'attività di una classe dirigente
politica in verità sempre più scadente perchè scarso oggetto delle
attenzioni e delle cautele (a parte le interferenze illecite e
l'assalto alla diligenza delle agevolazioni) degli imprenditori. Chi
è causa del suo mal, quindi, pianga se stesso.Grande responsabilità
è anche dei grossi sindacati, i quali hanno seguito a ruota, come
un ballo di coppia, la classe imprenditoriale, puntando non sullo
sviluppo della produttività ma sul perpetuarsi dei pascoli pubblici
per mantenere le proprie greggi. Poca lungimiranza quindi, anzi
miopia, nonostante il fiorire di centri studi di politica economica.
Ora forse è troppo tardi per scampare a un destino simil-greco
(nella sostanza anche se, probabilmente, nella forma, un po' più
soft...o ci saremo già dentro e non ce ne siamo accorti?)Perchè? Il
fiscal-compact è ormai realtà e le ganasce ce le siamo messe e
abbiamo lasciato che ce le mettessero. Gli impegni l'Italia li ha
mantenuti e dovrà mantenerli. Tutti i partiti (per scarso coraggio)
lo ammettono e anche chi si vuole un po' smarcare sappiamo già che
dopo, in Europa, chinerà la testa perchè le grandi potenze sanno
come utilizzare i loro strumenti per farsi rispettare. Non si esce da
un meccanismo da un giorno all'altro. Occorrerebbero grandi
personalità politiche che ragionassero su un orizzonte di
medio-lungo periodo. Questi pensano solo a mantenere il loro seggio
parlamentare il più possibile e a monetizzare quanto più si può.
Gli altri, i “nuovi” arrivati sulla scena politica avranno pure
tante buone intenzioni ma non sono oggettivamente e comprensibilmente
preparati a una attività così complessa.La classe imprenditoriale?
Anch'essa pensa agli affari suoi. Chi può trasferisce i propri
interessi fuori dall'Italia (quindi non solo la FIAT lo sta facendo
ma tutti gli altri).
Il secondo mito da sfatare è quello
della tutela dell'italianità. Ma quale? Quella del boom economico
degli anni '60? Bella, ma nei film. Quella delle grandi personalità
e dei cervelli? Ma le une e gli altri ormai non parlano più neppure
in italiano, se non nella pubblicità e nelle cerimonie di
premiazione. Infatti, li abbiamo indotti a scappare via, adottando un
sistema di istituzioni culturali universitarie e scolastiche quello
sì degno dei film di Totò o degli spettacoli di Pulcinella. O
l'italianità degli imprenditori che vanno a portare sfruttamento,
mazzette, malaffare all'estero? Con quelli lì l'italiano onesto non
ha nulla a che fare. Ma non è che per caso tutta questa passione per
l'italianità sia alimentata dai vertici di quelle aziende (Edison,
Bnl, Parmalat, Finmeccanica, Saipem, Alitalia,Telecom, Enel , Eni e
Fiat) che o già sono state comprate o stanno per esserlo dagli
stranieri? Ma perchè il lavoratore italiano dovrebbe preoccuparsi
della sorte di imprenditori e manager incapaci e guardare con timore
all'avvento di imprese e paesi diversi desiderosi di fare e non di
evadere, speculare, corrompere, licenziare? Quindi, spettabile
management di quelle aziende in via di acquisizione (e giornali
amici), lamentatevi pure ma non nel nostro nome di italiani. Voi
avete tradito l'Italia in nome del vostro portafoglio, voi con noi
non avete più nulla a che fare e non vi vogliamo più. O meglio,
aspettiamo di incontrarvi a fare il nostro stesso lavoro alla catena
di montaggio, negli uffici o a pranzare al nostro fianco alla mensa
aziendale.Vuoi vedere che grazie all'avvento degli stranieri
finalmente i vertici aziendali verranno scelti in base a criteri
meritocratici e non alla discendenza famigliare?
domenica 10 febbraio 2013
“ARIDATECE” ROBIN HOOD!
Tassa (relativamente) nuova, storia vecchia. Molti di voi avranno letto della denuncia dell'Authority per l'Energia sulla traslazione, da parte di molte aziende del settore petrolifero, gas, elettricità della Robin Tax a danno delle famiglie: si parla di qualche miliardo di euro, anche se sarà compito della Magistratura (se vorrà attivarsi) fare chiarezza sulle reali cifre dell'imbroglio.Ricorderete che la Robin Tax fu introdotta da Tremonti nel 2008 per finanziare la social card . Non vorremmo che a qualcuno venisse in mente di sbraitare contro l'ennesima congiura della lobby degli anziani contro le nuove generazioni. Scherzi a parte, sembra che questa volta alcune di queste aziende, ponendo rimedio alla riduzione del margine di profitto scaricando sulle famiglie consumatrici aumenti ingiustificati, l'abbiano fatta grossa.Il salasso infatti ammonterebbe a una gran parte del gettisto complessivo della tassa. Le associazioni dei consumatori sono scatenate, preannunciano class action che però, sappiamo, in Italia, causa limiti nella legislazione, non hanno la stessa forza dirompente di quelle intentate nei paesi anglosassoni.E' forte, insomma, la sensazione che quei soldi, con gli interessi legali, quelle famiglie difficilmente li avranno indietro.Ma sorge spontanea una domanda: perchè muoversi sempre quando ormai la frittata è fatta? Perchè la maggioranza che uscirà dalle urne (visto che quelle passate non hanno avuto voglia di farlo – ce ne spieghino il perchè in questa campagna elettorale-) non si deciderà a assegnare all'Authority sull'Energia poteri sanzionatori nei confronti delle aziende non corrette e non solo, come di recente ha affermato il Consiglio di Stato (appositamente interpellato) una mera funzione “notiziale”?C'era bisogno della denuncia (impotente) dell'Authority per sapere che in Italia, in questo campo, molte aziende (soprattutto quelle con maggiori agganci politici, fanno un po' quel che gli pare?
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