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martedì 3 dicembre 2013

COOPERATIVE: IL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETA LA FINE DELL'UNCI E DEL FONDO MUTUALISTICO PROMOCOOP

pubblicato sulla gazzetta ufficiale n.275 del 23 nov.2013

IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO 

  Visto l'articolo 45, comma 1, della Costituzione; 
  Visto il decreto legislativo del Capo provvisorio  dello  Stato  14
dicembre 1947, n. 1577; 
  Visto il decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale
18 luglio 1975, pubblicato  per  estratto  nella  Gazzetta 

 Ufficiale
della Repubblica italiana n. 211 dell'8 agosto  1975,  con  il  quale
l'Unione  nazionale  cooperative   italiane   (U.N.C.I.)   e'   stata
riconosciuta   quale   associazione   nazionale   di   rappresentanza
assistenza e tutela del movimento cooperativo, ai  sensi  e  per  gli
effetti degli articoli  4  e  5  del  decreto  legislativo  del  Capo
provvisorio dello Stato n. 1577 del 1947,  e  ne  e'  stato  altresi'
approvato il relativo statuto; 
  Visti gli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 30 luglio  1999,
n. 300 recante la riforma dell'organizzazione del  Governo,  a  norma
dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59,  con  i  quali  si
attribuiscono al Ministero delle attivita' produttive le funzioni  ed
i compiti gia'  di  competenza  del  Ministero  del  lavoro  e  della
previdenza sociale in materia di cooperazione; 
  Visto il decreto-legge 18  maggio  2006,  n.  181,  convertito  con
modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, ed  in  particolare
l'articolo 1,  comma  12,  il  quale  dispone  che  la  denominazione
«Ministero dello sviluppo economico» sostituisce, ad ogni  effetto  e
ovunque  presente,  la  denominazione  «Ministero   delle   attivita'
produttive»  in  relazione  alle  funzioni  gia'  conferite  a   tale
Dicastero; 
  Visto l'articolo 1 del decreto del Presidente della  Repubblica  10
febbraio 2000, n. 361,  recante  norme  per  la  semplificazione  dei
procedimenti di riconoscimento di persone  giuridiche  private  e  di
approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto; 
  Visto l'articolo 3 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220 ed
in particolare il comma 7, in  forza  del  quale  il  Ministro  delle
attivita'   produttive   puo'   revocare   il   riconoscimento   alle
Associazioni  nazionali  che  non  sono   in   grado   di   assolvere
efficacemente le proprie funzioni di vigilanza sugli enti cooperativi
associati; 
  Visto il decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre  2008,
n. 197, recante il regolamento di organizzazione del Ministero  dello
sviluppo economico; 
  Vista la relazione del Direttore  Generale  per  le  piccole  medie
imprese e gli enti cooperativi, allegata alla nota prot. n. 121080 in
data 17 luglio 2013, con la quale  sono  state  segnalate  perduranti
problematiche   ed   inefficienze   nell'attivita'    di    vigilanza
dell'U.N.C.I. nei confronti delle cooperative  associate,  stante  il
persistere di una conflittualita' interna circa il soggetto  titolato
all'effettiva  rappresentanza  dell'associazione,  manifestata  dalla
nomina di rappresentanti legali eletti in adunanze separate,  indette
di  volta  in  volta  da  organi  oggetto   di   contestazione,   con
deliberazioni impugnate in sede giurisdizionale che hanno determinato
pronunce difformi e non definitive, rese in sede cautelare; 
  Vista la relazione dei Sindaci dell'U.N.C.I. i quali  nel  mese  di
dicembre 2010 avevano segnalato un perdurante  stato  di  immobilita'
dell'attivita' amministrativa dell'Associazione di rappresentanza,  a
seguito del conflitto insorto in seno ai relativi  organi  statutari,
il  quale  non  consentiva  un  andamento  ordinato  della   gestione
amministrativa e associativa, con  conseguente  mancata  approvazione
del bilancio consuntivo 2009 e del bilancio preventivo  2010  nonche'
delle quote associative per l'anno 2010, atti indispensabili  per  il
corretto svolgimento della vita associativa; 
  Viste  le  risultanze  dell'attivita'  di  vigilanza   svolta   dal
Ministero nei confronti  dell'Associazione  nell'anno  2011,  che  ha
confermato  irregolarita'  gestionali   consistenti   nella   mancata
approvazione di bilanci, nelle intervenute  modifiche  statutarie  in
contrasto con le indicazioni ministeriali, nelle  ricorrenti  carenze
nella redazione dei  verbali  di  revisione  da  parte  dei  revisori
incaricati dall'U.N.C.I.; 
  Viste  le  diffide  rivolte  all'U.N.C.I.  a   disporre   specifici
correttivi   nell'organizzazione   dell'attivita'   revisionale,   da
attuarsi  mediante  programmazione  e  realizzazione   di   attivita'
formativa e di aggiornamento dei revisori, in esito alle  quali  sono
pervenute   risposte   contrastanti   dai   diversi   soggetti    che
rivendicavano, contemporaneamente ed in conflitto  tra  di  loro,  la
titolarita'    della    qualita'     di     legale     rappresentante
dell'Associazione; 
  Preso atto della corrispondenza intercorsa  con  la  Prefettura  di
Roma  -  Ufficio  territoriale  del  Governo,  la  quale  attesta  il
perpetuarsi  della  situazione  di  forte  conflitto,   dovuto   alle
contrapposte richieste di iscrizione,  quale  rappresentante  legale,
nel registro  prefettizio  delle  persone  giuridiche,  da  parte  di
soggetti diversi, legittimati a seguito di successive  pronunce,  non
definitive e non univoche, rese dal  Tribunale  Civile  di  Roma.  In
particolare,  nel  solo  ultimo  anno  risulta  che  sulla  base   di
successive  assemblee  congressuali  e  di   distinti   provvedimenti
giudiziali la Prefettura di Roma  ha  proceduto  ad  iscrivere  quale
presidente legale rappresentante prima il Cav. Pasquale Amico, poi il
Sig. Cosimo Mignogna, successivamente il Cav. Pasquale  Amico  e,  da
ultimo, in data 29 settembre 2013, il Sig. Cosimo Mignogna; 
  Vista la nota del  Sindacato  FE.S.I.C.A.,  pervenuta  in  data  13
settembre 2012, con la quale si segnala  al  Ministero  l'assenza  di
certezze circa l'effettiva titolarita'  della  rappresentanza  legale
dell'U.N.C.I., ribadita con successiva nota  dello  stesso  Sindacato
del  15  marzo  2013,  con  la  quale  si  rinnova  la  richiesta  di
chiarimenti sul soggetto titolato a rappresentare  l'Associazione  in
giudizio,  nel  procedimento  di  opposizione  al  licenziamento   di
dipendenti in servizio presso la sede nazionale di U.N.C.I.; 
  Tenuto conto delle segnalazioni e richieste di chiarimenti  rivolte
al Ministero, provenienti da enti di natura pubblica e privata presso
i  quali  l'U.N.C.I.  ha  designato  propri   rappresentanti,   circa
l'effettivita'    della    carica    di     rappresentante     legale
dell'Associazione  medesima,  stanti  le  contrastanti   affermazioni
provenienti da soggetti che assumono di essere titolati; 
  Preso atto delle numerose pronunce  rese  dal  Tribunale  di  Roma,
dalle  quali  emerge  un  insanabile  conflitto  e  la  non   univoca
individuazione  del  rappresentante  legale   dell'U.N.C.I.   ed   in
particolare: 
  - ordinanza 27  aprile  2012,  la  quale  rinvia  alla  inevitabile
convocazione  dell'assemblea   degli   associati   l'adozione   delle
decisioni necessarie per risolvere le  problematiche  verificatesi  e
ripristinare un regolare sistema amministrativo; 
  - ordinanza  collegiale  19  giugno  2012  la  quale  riconosce  la
validita' della costituzione in giudizio dell'UNCI nella persona  del
rappresentante legale p.t. Pasquale Amico; 
  - ordinanza 27 luglio 2012,  giudice  dott.ssa  Buonocore,  con  la
quale e' stato ingiunto al prof. Paolo Galligioni di "immettere Amico
Pasquale,  quale  neo   nominato   presidente   dell'U.N.C.I.   nella
disponibilita' della documentazione e dei beni  di  pertinenza  della
predetta associazione e di consentire allo stesso il  libero  accesso
alla sede dell'Ente, per l'espletamento delle funzioni di pertinenza;
astenersi dal compimento di atti ed attivita' riservate, per legge  o
per statuto, al Presidente dell'U.N.C.I. o ad  altro  diverso  organo
dell'Associazione;  astenersi  dalla  spendita  della   qualita'   di
presidente dell'U.N.C.I. nei rapporti con gli associati ed i terzi"; 
  - ordinanza 16 novembre 2012, giudice dott. Scerrato, con la  quale
e'  stata  rigettata  l'istanza   di   sospensione   della   delibera
congressuale del 24  marzo  2012  che  ha  eletto  il  Cav.  Amico  a
Presidente  dell'U.N.C.I.,  confermata   con   successiva   ordinanza
collegiale del 6 febbraio 2013; 
  - ordinanza del 10 gennaio 2013, giudice dott.ssa Dell'Orfano,  che
ha dichiarato la piena regolarita' di tutti gli  atti  prodromici  al
congresso del 24 marzo 2012, riguardante l'elezione del Cav. Pasquale
Amico quale presidente e legale rappresentante dell'U.N.C.I.; 
  - sentenza n. 16217 dell'11 giugno  2013,  depositata  in  data  22
luglio 2013, con la quale il Tribunale di Roma - III Sezione  Civile,
ha accertato che lo statuto dell'U.N.C.I. da applicare e' quello  del
2000, dichiarando  altresi'  nulla  la  deliberazione  del  Consiglio
Generale U.N.C.I. del  23  giugno  2010  con  cui  venne  fissata  la
convocazione del Congresso nazionale straordinario  dell'Associazione
ed approvato il relativo  regolamento  congressuale.  Sulla  base  di
detto provvedimento giudiziale e del congresso straordinario  del  15
luglio 2013, la Prefettura di Roma ha  provveduto  ad  iscrivere  nel
registro delle persone giuridiche il  signor  Mignogna  Cosimo  quale
presidente e legale rappresentante dell'U.N.C.I.; 
  - ordinanza del Tribunale Civile  di  Roma,  Sezione  III,  giudice
dott.ssa Libri, del 29 luglio 2013 con  la  quale  e'  stata  in  via
preliminare rilevata l'infondatezza della  eccezione  di  difetto  di
legittimazione passiva dell'U.N.C.I., rappresentata dal  Cav.  Amico,
sul presupposto della spettanza a costui della carica  di  presidente
dell'U.N.C.I., a seguito dell'elezione del 24 marzo 2012; 
  Vista la comunicazione dell'avvio del procedimento di revoca di cui
alla nota prot. n. 145274 in data 6 settembre 2013; 
  Valutate  le  argomentazioni   formulate   mediante   deposito   di
documentazione prodotta nel corso  della  accordata  audizione  delle
parti controinteressate svoltasi in data 18 settembre 2013; 
  Vista la successiva nota prot. n. 161545 in data 3 ottobre 2013 con
la quale l'Amministrazione ha comunicato la  sospensione  per  trenta
giorni, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, della legge 7 agosto 1990,
n. 241 del termine finale del procedimento di revoca; 
  Preso atto altresi' che, successivamente alla comunicazione  del  3
ottobre  2013,  inerente  la  sospensione  del  termine  finale   del
procedimento di revoca, in data  18  ottobre  2013  veniva  richiesto
all'U.N.C.I.  un  aggiornamento  di  notizie  circa  l'attivita'   di
vigilanza svolta; 
  Preso  atto  che  nel  corso  del  procedimento  di  verifica   dei
presupposti per la revoca,  il  Cav.  Amico  ha  ribadito  l'avvenuta
assegnazione di 3.403 incarichi di  revisione  cooperativa  nell'anno
2013, con la conclusione di solo 296 di essi, ed il Sig. Mignogna  ha
dichiarato di aver autonomamente disposto  l'effettuazione  di  circa
1.500  revisioni  cooperative  dietro   segnalazione   degli   uffici
regionali dell'Associazione, restando dunque  acclarata  l'incertezza
sulla  individuazione  della  carica  di  presidente  e  di  soggetto
legittimato all'attribuzione degli incarichi di revisione; 
  Ritenuto che la  predetta  incertezza  sulla  individuazione  della
carica di presidente e di soggetto legittimato all'attribuzione degli
incarichi di revisione incide sul corretto svolgimento dell'attivita'
revisionale con possibili ripercussioni sugli esiti della stessa; 
  Valutate le dichiarazioni e le osservazioni che le due parti  hanno
reso negli incontri  tenuti  presso  la  Direzione  generale  per  le
piccole e medie imprese e gli enti cooperativi, attraverso  le  quali
e' stata ribadita  da  un  lato  l'impossibilita'  di  una  soluzione
stragiudiziale del perdurante conflitto, dall'altra la riproposizione
dello sdoppiamento delle strutture sociali ed  amministrative,  fatti
questi che rappresentano un evidente ostacolo alla corretta e  serena
gestione del rapporto associativo e revisionale  con  le  cooperative
aderenti; 
  Considerato che tale perdurante incertezza nella titolarita'  della
"governance"  associativa  ostacola  l'efficace   svolgimento   della
attivita' revisionale nei confronti degli enti cooperativi  associati
e le relazioni con i soggetti istituzionali che  hanno  rapporti  con
l'U.N.C.I.; 
  Preso atto che a causa della  conflittualita'  interna  sono  state
fissate due distinte sedi sociali, ubicate  in  luoghi  diversi,  con
conseguente indeterminatezza ai fini delle comunicazioni, notifiche e
rapporti istituzionali; 
  Considerato che la revoca del  riconoscimento  costituisce  l'unico
provvedimento previsto dalla legge come  adottabile  da  parte  della
Amministrazione,  in  presenza   di   presupposti   incidenti   sullo
svolgimento corretto ed efficiente della  attivita'  revisionale  nei
confronti delle societa' cooperative aderenti; 
  Ritenuto che sussistono i presupposti di fatto  e  di  diritto  per
l'adozione,  ai  sensi  dell'articolo  3,  comma   7,   del   decreto
legislativo 2 agosto 2002 n. 220, del  provvedimento  di  revoca  del
riconoscimento dell'associazione U.N.C.I.,  atteso  che  la  medesima
Associazione  non  risulta  essere  piu'  in   grado   di   assolvere
efficacemente alle  funzioni  di  vigilanza  sugli  enti  cooperativi
associati, ad essa demandate; 
  Considerato che  il  suddetto  riconoscimento  e'  intervenuto  con
decreto ministeriale 18 luglio 1975, adottato  ai  sensi  e  per  gli
effetti degli articoli  4  e  5  del  decreto  legislativo  del  Capo
provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577,  rilevando  dunque
sia ai fini della legittimazione allo svolgimento  dell'attivita'  di
vigilanza sia ai fini dell'acquisto della personalita' giuridica; 
  Considerate le sopravvenute modifiche  normative  (articolo  1  del
decreto del Presidente della Repubblica 10  febbraio  2000,  n.  361,
recante  norme   per   la   semplificazione   dei   procedimenti   di
riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione  delle
modifiche dell'atto costitutivo e dello  statuto  e  articolo  3  del
decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220) le quali circoscrivono  il
riconoscimento da parte di questo Ministero alla sola  legittimazione
allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza; 
  Considerato che il presente provvedimento di revoca incide su di un
riconoscimento, avvenuto in epoca antecedente alle suddette modifiche
normative, che  ha  rivestito  la  duplice  inscindibile  valenza  di
legittimazione allo svolgimento  dell'attivita'  di  vigilanza  e  di
acquisto della personalita' giuridica, e dunque deve valere per  ogni
effetto conseguente allo stesso riconoscimento; 
  Visto l'articolo 11, comma 1, della legge 31 gennaio 1992,  n.  59,
il quale prevede che le  associazioni  nazionali  di  rappresentanza,
assistenza e tutela del movimento cooperativo, riconosciute ai  sensi
dell'articolo 5 del citato decreto legislativo del  Capo  provvisorio
dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni,  e
quelle riconosciute in base a leggi  emanate  da  regioni  a  statuto
speciale possono costituire fondi mutualistici per la promozione e lo
sviluppo della cooperazione, i quali  possono  essere  gestiti  senza
scopo di lucro da societa'  per  azioni  o  da  associazioni  e  sono
alimentati ed incrementati ai sensi dei commi  4  e  5  del  medesimo
articolo 11; 
  Considerato che l'U.N.C.I.  ha  costituito  un  fondo  mutualistico
gestito da Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione -
Promocoop S.p.A.; 
  Ritenuto di dover disporre circa gli  aspetti  conseguenziali  alla
revoca del riconoscimento dell'U.N.C.I.; 

                               Decreta 

                               Art. 1 

  1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 7,  del  decreto  legislativo  2
agosto 2002, n. 220, e' revocato ad ogni  effetto  il  riconoscimento
dell'Unione  nazionale   cooperative   italiane   (U.N.C.I.),   quale
associazione nazionale  di  rappresentanza  e  tutela  del  movimento
cooperativo, di cui al  decreto  del  Ministro  del  lavoro  e  della
previdenza sociale 18 luglio 1975, adottato ai sensi degli articoli 4
e 5 del decreto legislativo  del  Capo  provvisorio  dello  Stato  14
dicembre 1947, n. 1577. 

                               Art. 2 

  1. A far data dalla pubblicazione del presente decreto,  l'U.N.C.I.
non  e'  piu'  legittimato  a  ricevere  alcun  versamento   di   cui
all'articolo 8 del decreto legislativo  del  Capo  provvisorio  dello
Stato n. 1577 del  1947,  a  titolo  di  contributo  per  l'attivita'
revisionale da parte delle cooperative  e  degli  enti  mutualistici,
quali individuati ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n.
220 del 2002. 
  2.  A  far  data  dalla  suddetta  pubblicazione,  all'associazione
U.N.C.I. e' fatto  divieto  di  accettare  versamenti  relativi  alle
fattispecie di cui al comma 1, pena le responsabilita'  configurabili
alla stregua della normativa vigente. 
  3.  Con  successivo  provvedimento  saranno  stabiliti  criteri   e
modalita'  per  la  definizione  dei  rapporti  pendenti  e  per   la
individuazione delle risorse  residue,  acquisite  per  le  attivita'
revisionali, da versare al Bilancio entrata dello Stato, Capo  XVIII,
Capitolo 3592. 

Art. 3 

  1. A far data dalla pubblicazione del presente  decreto,  cessa  la
legittimazione della societa' Fondo per la promozione e  lo  sviluppo
della  cooperazione  -  Promocoop  S.p.A.,  che  gestisce  il   fondo
mutualistico costituito dall'U.N.C.I. ai sensi dell'articolo 11 della
legge 31 gennaio 1992, n. 59, ad accettare versamenti  e  devoluzioni
di cui al medesimo  articolo  11,  commi  4  e  5,  rivenienti  dalle
societa' cooperative e dagli enti mutualistici quali  individuati  ai
sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 220 del 2002. 
  2. A far data dalla suddetta pubblicazione, alla societa' Fondo per
la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A.  e'
fatto divieto di accettare versamenti  e  devoluzioni  relativi  alle
fattispecie di cui al comma 1, pena le responsabilita'  configurabili
alla stregua della normativa vigente. 
  3.  Con  successivo  provvedimento  saranno  stabiliti  criteri   e
modalita'  per  la  definizione  dei  rapporti  pendenti  e  per   la
individuazione delle risorse residue, acquisite per le  finalita'  di
cui al citato articolo 11,  da  versare  al  Bilancio  entrata  dello
Stato, Capo XVIII, Capitolo 3592. 
  Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana. 
  Avverso il presente provvedimento  e'  ammesso,  entro  60  giorni,
ricorso giurisdizionale dinanzi al Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio ovvero,  entro  120  giorni,  ricorso  straordinario  al
Presidente della Repubblica ai sensi del decreto del Presidente della
Repubblica n. 1199 del 1971. 
    Roma, 22 novembre 2013 

                                                Il Ministro: Zanonato

domenica 13 ottobre 2013

EXPO 2015: LA FOGLIA DI FICO DEI SINDACATI CONFEDERALI E’ TRASPARENTE

E’ con profonda delusione che stiamo assistendo , in questi mesi che ci stanno avvicinando all’Expo 2015, alla squallida e piatta convergenza di ogni forza politica su un ‘ uniforme vulgata riguardante i presunti benefici occupazionali di questa manifestazione.
Chi ancora perde tempo a seguire le occasioni pubbliche in cui compaiono i politici avrà notato come questi siano assidui e immancabili frequentatori delle innaugurazioni, di qualsiasi opera si tratti, fosse pure di un nuovo vespasiano di plastica in un giardinetto pubblico.
E’ frutto cio’ della deteriore americanizzazione all’italiana della vita politica, nella quale la scadenza elettorale e la poltrona da occupare pro tempore sono diventate tutto.
E l’expo 2015 non sta sfuggendo a questa regola. Ci piacerebbe prendercela solo con i politici, ma non puo’ bastare, poiche’ i sindacati confederali sono da tempo in prima fila in questa messa in scena.
Sarebbe facile, quasi come sparare sulla croce rossa, esprimere timori su quali garanzie possa dare un governo regionale diretto da una forza politica che sappiamo quali prove abbia dato di saper essere davvero impermeabile alle infiltrazioni della criminalita’ organizzata.
Ma anche se volessimo dare a questo assetto di governo una seconda chance, non ci pare sia poi stata operata una netta cesura in relazione alla travagliata storia avuta dall’apparato politico chiamato a gestire commissarialmente l’organizzazione della manifestazione. Non possiamo, ad esempio, dimenticare che le cose dal 2008 hanno  cominciato a muoversi solo a partire da quando , nel 2013 l’attuale amministratore ha visto venir meno la presenza di un commissario generale pluriindagato per un lungo periodo e nonostante questo rimasto in sella.
Ma non intendiamo imbastire la solita polemica sul fatto che determinati appalti siano stati comunque, nonostante le buone intenzioni, inquinati dalla presenza di entità imprenditoriali oggetto tuttora di accertamenti da parte dell’autorità giudiziaria.
I posti di lavoro, come il denaro, non profumano. Potrebbe scaturire buona occupazione anche per opera di imprese discutibili. L’importante e’ che quando determinati imprenditori vengono arrestati il soggetto pubblico non pensi solo a metterli in galera e a sequestrare ma a mettere in condizione nuovi soggetti puliti di subentrare e far ripartire i lavori, nell’interesse anche del mantenimento dei livelli occupazionali.
E qui e’ il primo punto storicamente debole della politica e del sindacalismo italiano, incapace di far pesare la propria forza per impedire, ad esempio, che quando questi obbligati passaggi di mano debbano avvenire cio’ accada nella certezza dell’assenza di conflitti di interesse. Facendo quindi pensar male ossia immaginare che qualche prudenza sia dettata da legami non chiari con le precedenti gestioni improvvisamente interrotte dall’intervento della Magistratura. L’esempio dell’ILVA e’ fin troppo vicino ed istruttivo.
Cosa non ci piace dell’intervento sindacale che ha prodotto la firma a fine luglio tra Expo 2015 e Triplice sindacale del protocollo sul Sito Espositivo che frutterà i seguenti posti di lavoro: 340 apprendisti, 195 stagisti e 18.500 volontari?
Non tanto il realismo. Sappiamo bene che e’ dovere di qualsiasi sindacalista, nelle condizioni date, adoperarsi  affinche’ qualcosa si muova. Meglio anche pochi posti di lavoro, anche se precari, che il deserto assoluto e la delocalizzazione che poi significa sfruttamento di altri lavoratori.
Ma qui si e’ davvero esagerato e in maniera scandalosa. L’adozione di quelle tipologie di impiego e solo di quelle snatura ogni visione avanzata di possibile flessibilità finalizzata a una visione moderna del processo di entrata dei giovani nel mondo del lavoro.Il messaggio ò chiaro: i contributi se possibile non vanno pagati, a beneficio delle aziende, qualunque cosa combinino, e anche a scapito dei lavoratori.E significa mettere la firma su un ben preciso concetto: e’ possibile creare nuove occasioni di lavoro solo tollerando il lavoro nero legalizzato. E’ vero, non c’e’ la firma “diretta”delle Istituzioni, sotto quel protocollo. Non ce la possiamo in teoria prendere con nessun responsabile politico. Ma e’ anche peggio: in pratica , con la riproposizione di un vecchio cavallo di battaglia di certo sindacalismo “i problemi li risolvano le parti sociali e il governo se ne stia fuori” di fatto condiviso da forze politiche, di maggioranza e di opposizione, e’ tutto il sistema che ha dato l’avallo politico alla fine del diritto del lavoro. Perche’ d’ora in poi le leggi regoleranno il nulla (il lavoro che non c’e’) e gli accordi tra i sindacati complici il lavoro nero, l’unico che conviene e piace alle aziende.
Da ultimo ci domandiamo come mai da una parte i sindacati seppelliscano le norme sul lavoro e dall’altra gli stessi partecipino a manifestazioni politico-partitiche a sostegno dell’art. 1 della costituzione. Forse questa Costituzione piace cosi’ tanto a loro perche’ finora gli ha consentito impunemente di creare tanti danni alle categorie che dovrebbero difendere? O perche’ si sentono tutelati meglio, nei loro interessi da un articolo fantasma (il 39) che inapplicato e’ meglio che lo rimanga il piu’ a lungo possibile?
E poi, cari colleghi dei sindacati confederali, come mai le vostre proposte contro la disoccupazione giovanile contemplano solo mega assunzioni pubbliche che mai si realizzeranno (per gli evidenti problemi di finanza pubblica) e non invece una precisa critica e proposta alternativa nei confronti di un modello di sviluppo (quello dei grandi eventi come l’Expo 2015 o la TAV o le Olimpiadi presenti e future) che non ha potuto e non potra’ assicurare ne’ uno sviluppo sostenibile ne’ (anche volendo essere minimalisti),tantomeno, stabile e buona occupazione?
Ma ormai la frittata e’ fatta, a Milano. Sappiano i lavoratori, anche quelli che lavoreranno a termine in Expo, che quei sindacati firmatari sono rappresentativi, si, ma solo delle rersponsabilità nel disastro esistenziale che vi procureranno. E che, grazie a dio, non esauriscono di certo il panorama del futuro sindacalismo italiano, dal passato glorioso.

giovedì 12 settembre 2013

ILVA: ORA BASTA. ESPROPRIARE L'AZIENDA E I RIVA. LO STATO SI ASSUMA LE SUE RESPONSABILITA'. LETTA DIA DIMOSTRAZIONE DI SERVIRE A QUALCOSA.


“””””””””Economia
12/09/2013

Caos Ilva, l’annuncio del gruppo Riva
“1500 esuberi dopo i sequestri del Gip”

LAPRESSE
Il commissario dell’Ilva Enrico Bondi

Sospese tutte le attività in tutti
gli stabilimenti italiani del gruppo
Ira dei sindacati: «Inaccettabile,
ennesima beffa per i lavoratori»
taranto
Il gruppo Riva ha annunciato che da domani metterà in libertà circa 1.500 addetti che operano nelle 13 società riconducibili alla famiglia e oggetto del sequestro di beni e conti correnti per 916 milioni di euro operato dalla Guardia di finanza nell’ambito dell’inchiesta tarantina per disastro ambientale. Lo rende noto la Uilm nazionale.

La messa in libertà riguarderebbe vari siti produttivi che il gruppo Riva possiede in tutta Italia. Nel capoluogo ionico l’unica società interessata sarebbe “Taranto Energia”, che conta 114 dipendenti. L’azienda ha già convocato per domani i sindacati di categoria, pare prospettando problemi per il pagamento degli stipendi.

Riva Acciaio conferma in una nota la cessazione da oggi di tutte le attività dell’azienda, esterne al perimetro gestionale dell’Ilva, e relative a sette stabilimenti in cui sono impiegati circa 1.400 persone. La decisione viene motivata con il sequestro preventivo penale del Gip di Taranto. Riva Acciaio spiega nel dettaglio che da oggi cesseranno tutte le attività dell’azienda, tra cui quelle produttive degli stabilimenti di Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero, Cerveno (Brescia) e Annone Brianza (Lecco) e di servizi e trasporti (Riva Energia e Muzzana Trasporti). «Tali attività non rientrano nel perimetro gestionale dell’Ilva - afferma l’azienda - e non hanno quindi alcun legame con le vicende giudiziarie che hanno interessato lo stabilimento Ilva di Taranto».

«La decisione - afferma la società -, comunicata al custode dei beni cautelari, Mario Tagarelli, e illustrata alle rappresentanze sindacali dei diversi stabilimenti coinvolti, si è resa purtroppo necessaria poiché il provvedimento di sequestro preventivo penale del Gip di Taranto, datato 22 maggio e 17 luglio 2013 e comunicato il 9 settembre, in base al quale vengono sottratti a Riva Acciaio i cespiti aziendali, tra cui gli stabilimenti produttivi, e vengono sequestrati i saldi attivi di conto corrente e si attua di conseguenza il blocco delle attività bancarie, impedendo il normale ciclo di pagamenti aziendali, fa sì che non esistano più le condizioni operative ed economiche per la prosecuzione della normale attività».

«Riva Acciaio impugnerà naturalmente nelle sedi competenti il provvedimento di sequestro, già attuato nei confronti della controllante Riva Forni Elettrici e inopinatamente esteso al patrimonio dell’azienda - conclude l’azienda -, in lesione della sua autonomia giuridica, ma nel frattempo deve procedere alla sospensione delle attività e alla messa in sicurezza degli impianti cui seguirà, nei tempi e nei modi previsti dalla legge, la sospensione delle prestazioni lavorative del personale (circa 1.400 unità), a esclusione degli addetti alla messa in sicurezza, conservazione e guardiani degli stabilimenti e dei beni aziendali».

Durissima la replica dei sindacati dopo l’annuncio dell’azienda: «Siamo di fronte a un ennesimo epilogo inaccettabile - tuona la Fim-Cisl - Diffidiamo l’azienda ad avviare la messa libertà dei lavoratori e la invitiamo a ricorrere immediatamente all’utilizzo degli ammortizzatori sociali. Invitiamo altresì la procura in tempi rapidi, a scorporare dal provvedimento di confisca tutto ciò che impedisce la normale prosecuzione dell’attività produttiva e lavorativa. Non accetteremo questa ennesima beffa ai danni dei lavoratori che non hanno nessuna responsabilità».  “””””””””



COMMENTO ALM-AGL:
Come era prevedibile , questa vicenda dell'ILVA si sta trasformando in una farsa per il popolo italiano e in una tragedia per i lavoratori dell'ILVA e dell'indotto.
Non è accettabile che Stato e Governo lascino soli Magistratura e Guardia di Finanza e non si schierino con decisione in questa guerra tra la famiglia Riva (ma non erano stati messi tutti in galera?) e quella parte delle istituzioni che sta facendo il proprio dovere.
Che sta facendo il super commissario? E i suoi collaboratori? Come mai tutta questa “timidezza” da parte loro nel mettere mano alla situazione? Perchè ancora i dirigenti dell'ILVA hanno così tanta mano libera?Perchè Letta, Alfano, Zanonato, Giovannini, Vendola sono così evanescenti? A suo tempo denunciammo i finanziamenti dei Riva ai vertici dei massimi schieramenti politici. Ne chiedemmo la restituzione, mai avvenuta. Dobbiamo pensare male? Erano solo la punta di un iceberg? Forse i Riva sono così tutelati dalla politica perchè si teme che rivelino cose sconvenienti?
Se lo strumento commissariale si sta rivelando inconsistente, si abbia il coraggio si andare oltre. SUBITO! Si espropri l'ILVA, venga incamerata dallo Stato, metta a capo di essa dei veri imprenditori e non dei pirati, si chieda la collaborazione internazionale (il recente G20 non aveva decretato la fine dei paradisi fiscali?) per recuperare anche all'estero i beni dei Riva e metterli al servizio della collettività. E, per favore, i sindacati “rappresentativi”, che si sono rivelati marionette, in questa vicenda, la finiscano di interporsi tra l'ira dei lavoratori e la famiglia Riva. Perchè tante attenzione a quei “Signori” da parte loro? Anche in questo caso dobbiamo pensare male?
In altri momenti abbiamo espresso il nostro parere sul futuro dell'industria siderurgica italiana e su quelle che avrebbero già dovuto essere vere scelte strategiche, altro che il campare alla giornata in questo tragicomico ping pong.
Ma qui , in questo specifico caso, è diverso. Va assicurata la sopravvivenza di questi lavoratori, va risanato l'ambiente, va recuperata la potenzialità produttiva, va respinto il ricatto criminale. E poi ne sta andando di mezzo la dignità nazionale, messa in discussione da un manipolo di imbroglioni. Spesso si parla a vanvera di ruolo regolatore dello Stato nell'economia. Se questo Governo e questa Maggioranza ritengono di essere così utili al Paese ce lo dimostrino in questa occasione, espropriando l'ILVA e i Riva, affidando questa azienda ad altri imprenditori che abbiano a cuore l'interesse nazionale (per carità, lasciamo perdere le nazionalizzazioni, non per pregiudizio ma per evitare che rientrino dalla finestra personaggi impresentabili legati a doppia fila con certa politica).IMMEDIATAMENTE!

ALM Alleanza Lavoratori Metalmeccanici aderente all'AGL

mercoledì 7 agosto 2013

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO: I SINDACATI INTERNI CONTRO LA VIGILANZA SULLE COOPERATIVE: PAGHERANNO LORO I SOLDI PERSI DALL'ERARIO?


“”””””””””Busto Arsizio

Leader del catering e del lavoro nero, 14 denunciati

Le Fiamme Gialle di Gallarate e la Procura di Busto hanno fatto luce su un sistema di società di catering e facchinaggio che fornivano servizi di ristorazione di alto livello, ma reclutavano e pagavano i lavoratori in nero
Feste vip, la settimana della moda, grandi eventi, cene eleganti a San Siro, matrimoni nei luoghi più esclusivi: questi erano gli appuntamenti per i quali fornivano il loro servizio cinque società di catering e 4 cooperative di facchinaggio risultate evasori totali e centrali dello sfruttamento del lavoro nero, scoperte dalla Guardia di Finanza di Gallarate e dal sostituto procuratore della Repubblica di Busto Arsizio, Francesca Parola. I risultati dell'operazione "Wild Catering" sono stati presentati questa mattina nella sala riunioni degli uffici di largo Giardino dal procuratore facente funzioni Eugenio Fusco, dal comandante provinciale delle Fiamme Gialle Antonio Morelli e dal capitano Paolo Pettine della Compagnia di Gallarate (alla sua ultima indagine prima di trasferirsi a Roma, ndr). I numeri snocciolati dal capitano svelano la grandezza del giro d'affari: oltre 2100 lavoratori impiegati irregolarmente, 70 milioni di euro sottratti al fisco, beni sequestrati per un valore di oltre 3,5 milioni di euro, 14 persone denunciate.

L'indagine è partita da un articolo che raccontava l'esperienza di un lavoratore di una delle cooperative di facchinaggio: «In quell'articolo il lavoratore denunciava l'esistenza di un'organizzazione di caporali che sfruttava il lavoro di persone bisognose nella zona del Basso Varesotto - ha spiegato il comandante Morelli - da lì abbiamo avviato l'indagine condotta dagli agenti di Gallarate in maniera impeccabile». Da quella denuncia si è scoperto che i caporali in provincia di Varese erano tre e attorno a loro gravitavano almeno un centinaio di persone che venivano chiamate per lavorare in queste occasioni mondane tra la provincia di Varese e quella di Milano. I lavoratori venivano pagati in nero dalla società di catering circa 12 euro l'ora, di questi 2 euro all'ora andavano al caporale oltre ad una sorta di pizzo di 5 euro giornaliere per quello che nel sistema veniva definito "diritto di chiamata". Un lavoratore che lavorava 10 ore, quindi, incassava 120 euro e ne girava 25 allo sfruttatore.

L'inchiesta ha svelato un sistema molto articolato e ampio. Le verifiche fiscali sulle cooperative di facchinaggio ha permesso di scoprire che, a capo delle società, vi erano nullatenenti o stranieri (in particolare cingalesi, ndr) e che queste avevano una vita media inferiore ai due anni per evitare verifiche fiscali. Ogni anno e mezzo, quindi, la cooperativa veniva chiusa e riaperta con un altro nome in modo da sfuggire ai controlli. L'imponibile evaso è risultato consistere in 56 milioni di euro mentre 11 sono i milioni di euro di Iva evasa. Le società hanno tutte sede a Milano e ora sono oggetto di ulteriori verifiche da parte della Procura di Milano. Oltre all'evasione fiscale le Fiamme Gialle hanno anche contestato il nuovo reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, introdotto a settembre 2011. Infine vale la pena sottolineare i sequestri effettuati: immobili di pregio a Milano, beni mobili e gioielli di grande valore per un ammontare complessivo stimato in 3,5 milioni di euro. Anche così venivano spesi i soldi sottratti al fisco e sulle spalle delle tante persone che vivono ai margini del mercato del lavoro.
11/07/2013
or.ma.orlando.mastrillo@varesenews.it”””””””””


Ci complimentiamo con la Guardia di Finanza di Gallarate e con la Procura della Repubblica di Busto Arsizio per questo grande risultato della loro attività. Loro hanno il compito di reprimere questi fenomeni e lo fanno in maniera eccezionale.
Ma prima della repressione dovrebbe esserci la PREVENZIONE che, nel nostro Paese, riguardo alle Cooperative è organizzata prevedendo che in teoria ogni due anni una ben determinata Amministrazione, il MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, avrebbe il dovere, tramite revisori statali appositamente abilitati, di visitare ogni cooperativa e di esaminare la regolarità del suo funzionamento.
Se ci fosse stata questa prevenzione, molto probabilmente,quei 67 milioni di euro relativi a questa vicenda a quest'ora sarebbero nelle casse dell'Erario e non in mano a dei delinquenti.
Anche uno sciocco quindi capirebbe che chi non effettua questa prevenzione o ne ostacola l'espletamento provoca DANNO ERARIALE PER CENTINAIA DI MILIONI DI EURO
Il Ministero, da anni, ha a disposizione per questa attività dei funzionari statali che provengono per lo più dal Ministero del Lavoro e, solo di recente, anche dall'Agenzia delle Entrate e dallo stesso Ministero dello Sviluppo Economico.
Chi volesse farsi una cultura sulle vicende di questa vigilanza (che ha mille problemi e che è stata sempre ostacolata ) potrebbe scorrere i numerosi articoli che abbiamo prodotto. Quindi non intendiamo tediare ulteriormente i lettori non interessati.
L'opinione pubblica deve sapere che , nel silenzio complice di tutte le organizzazioni sindacali del Ministero dello Sviluppo Economico, anche la poca prevenzione finora fatta rischia di sparire del tutto.
Abbiamo letto, inorriditi, il seguente passaggio di un documento sindacale CGIL che qui riportiamo:
“””””””””Oggetto: comunicato contrattazione 12 giugno 2013

[cid:image002.jpg@01CE7104.66D05420]
Ministero dello sviluppo economico
COMUNICATO FP CGIL
RIUNIONE DI CONTRATTAZIONE 12 GIUGNO 2013 Revisioni cooperative L’Amministrazione fornisce l’informativa in merito alla programmazione dei prossimi quattro corsi di aggiornamento per revisori di cooperative, destinati al personale della periferia, che si svolgeranno tra luglio e ottobre.
Quanto alla formazione di nuovi ispettori, è in programma un corso destinato al personale MISE centrale per complessivi 30 posti, di cui 15 sarebbero riservati al personale già nella graduatoria 2011, e 15 al personale della DG PMI Enti cooperativi. L’Ufficio formazione prevede la possibilità di realizzare altri corsi fino all’esaurimento della graduatoria 2011, che attualmente consiste di 77 persone.
Un altro corso, per le sedi periferiche, dovrebbe partire, previa emanazione della relativa circolare, il 23 settembre.
Le OO.SS.  evidenziano la necessità di risolvere l’annosa problematica legata alle funzioni ispettive: l’avvalimento con il Ministero del Lavoro e l’Agenzia delle entrate impedisce al MISE di gestire la competenza in piena autonomia e di effettuare una adeguata programmazione del lavoro. Occorre quindi un intervento forte del Gabinetto allo scopo di porre termine all’avvalimento e ricondurre la competenza in toto all’interno del Ministero.
Le OO.SS. ritengono pertanto di approvare al momento il solo svolgimento dei corsi di aggiornamento, subordinando l’approvazione dei corsi per nuovi revisori all’impegno dell’Amministrazione di ottenere dai vertici politici la progressiva cessazione dell’avvalimento e una seria programmazione della formazione 2013-2014, con la garanzia di esaurire la graduatoria ancora vigente.”””””””””
In pratica una organizzazione sindacale (e le altre, perchè non hanno nulla da dire, sono d'accordo?) chiedono (evidentemente per logiche burocratiche interne a una specifica Amministrazione che nulla hanno a che vedere con l'interesse pubblico) l'esclusione dall'attività di vigilanza degli Ispettori provenienti dal Ministero del lavoro e dall'Agenzia delle Entrate .
Chiedono che l'attività di revisione sia svolta dai soli dipendenti del Ministero dello Sviluppo Economico lasciando, di fatto, molte aree del paese scoperte e così facendo indebolendo notevolmente l'azione di controllo.

Alcuni avanzano il dubbio che questa operazione sia strumentale al passaggio della vigilanza sulle cooperative dallo Stato ai privati, cioè alle Centrali Cooperative che già oggi, in una situazione di mostruoso conflitto di interessi, sono incaricate della vigilanza nei confronti delle loro aderenti. Ossia, ogni 2 anni viene in cooperativa un ispettore pagato dalla cooperativa stessa attraverso il contributo versato alla propria associazione. Figuriamoci che tipo di vigilanza ne possa scaturire.
E' per questo che sollecitiamo sia gli ispettori stessi che il personale e i sindacati interni delle rispettive amministrazioni, i lavoratori delle cooperative , sia i politici che e la parte più sensibile della magistratura a monitorare attentamente la situazione e a intervenire, se necessario, per stroncare sul nascere questo attentato alla funzionalità dell'attività di vigilanza.



ALP-AGL Ispettori di Società Cooperative



venerdì 19 luglio 2013

ARRESTATO PER ESTORSIONE DATORE DI LAVORO "PART-TIME"

DALL'AGENZIA ANSA
www.ansa.it
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2013/07/19/Pagava-dipendenti-meta-dovuto-arrestato_9046089.html

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Pagava dipendenti metà dovuto, arrestato

A Lamezia Terme assunti con part-time lavoravano 8-10 ore

19 luglio, 16:37
  (ANSA) - LAMEZIA TERME (CATANZARO), 19 LUG - Pagava i dipendenti per 4-5 ore di lavoro al giorno in base ad un contratto part-time, ma li costringeva a lavorarne almeno 8-10 con l'implicita minaccia di licenziarli in caso di rifiuto. E' l'accusa mossa dalla Procura di Lamezia Terme ad un imprenditore del settore degli autotrasporti, Ferdinando Greco, 38 anni, arrestato per estorsione dai finanzieri del Gruppo di Lamezia.

Secondo l'accusa, così facendo, l'imprenditore avrebbe guadagnato 270 mila euro."""""""""

sabato 8 giugno 2013

CON L'ARRIVO DI COSTEL IONITA L'AGL DIVENTA SEMPRE PIU' FORTE TRA GLI AUTOTRASPORTATORI ROMENI !

                                                            (nella foto: Costel Ionita)

 COSTEL IONITA, a cui diamo il benvenuto e al quale facciamo i migliori auguri di buon lavoro, è stato appena nominato:
* Vice Responsabile Nazionale AUTOTRASPORTATORI Romeni dell'ALT-AGL (Alleanza Lavoratori TRASPORTI aderente alla Confederazione AGL)
* Vice Segretario degli Autotrasportatori ALT-AGL in Romania
* Vice Segretario dell'ALEI-AGL (Alleanza Lavoratori EMIGRATI E IMMIGRATI aderente alla Confederazione AGL) in Romania.
Questi sono i suoi recapiti:
cell.: 3275956303 ; e-mail: pavel-pavel@live.it
e questi i suoi siti Internet sindacali di riferimento:
http://alt-agl.blogspot.it
http://alei-agl.blogspot.it
http://agl-europa.blogspot.it

mercoledì 5 giugno 2013

PAVEL AUREL, UNO DEI LEADER DEGLI AUTOTRASPORTATORI ROMENI , ENTRA IN AGL !

            



                                                            (nella foto: Pavel Aurel)

Il Dott. Pavel Aurel, a cui diamo il benvenuto e al quale facciamo i migliori auguri di buon lavoro, è stato appena nominato:
* Responsabile Nazionale Autotrasportatori Romeni dell'ALT-AGL (Alleanza Lavoratori Trasporti aderente alla Confederazione AGL)
* Segretario degli Autotrasportatori ALT-AGL in Romania
* Segretario dell'ALEI-AGL (Alleanza Lavoratori Emigrati e Immigrati aderente alla Confederazione AGL) in Romania.
Questi sono i suoi recapiti:
cell.: 0039-3208877745; 0039-3896938469; 0040-769455194








mercoledì 24 aprile 2013

POSTE ITALIANE: EMERGENZA RECAPITO

(di Yasmina )

In base alle norme vigenti cui deve attenersi Poste Italiane SpA – ma ciò accade in tutto il mondo – il postino , per consegnare una raccomandata, deve suonare al citofono. Se il destinatario non risponde, deve lasciare un avviso. Ma prima di lasciarlo, deve assicurarsi che la persona non ci sia effettivamente. E se accade che nello stesso condominio non siano presenti in quel momento diverse persone? Oppure che qualcuno non sia in grado di rispondere perchè malato o handicappato? Ebbene, il postino dovrebbe caso per caso salire e consegnare la raccomandata alla porta. Ma la maggior parte di essi non lo fa. Si riempiono gli atri dei palazzi di avvisi che ben presto si trasformano in carta straccia e finiscono nella spazzatura. E questo è un grave disservizio che procura danni economici e morali.
La colpa ovviamente non è dei postini ma di chi li dirige e dell'Azienda.La quale ha sempre più problemi. E non solo nella fase della consegna.
Dagli organi di stampa emergono i continui disagi causati da ricorrenti problemi gestionali dell’azienda Poste italiane S.P.A.
In Italia non tutti gli sportelli operano a servizio del pubblico, anzi alcuni di essi restano chiusi, creando non pochi disagi agli utenti, costretti ad estenuanti file per il pagamento di una semplice bolletta. La mancanza di sportelli a causa della carenza di personale, risulta essere solo una delle anomalie , che - sommata a tante altre - sta agitando i cittadini costretti ad adeguarsi agli sportelli naturalmente con spirito di rassegnazione e sopportazione.
Rimpiangiamo tutti gli anni in cui le Poste erano un Ente Pubblico e si occupava del suo compito: la consegna della posta e non , come accade ora in prevalenza, di servizi finanziari. Il problema della riorganizzazione degli uffici postali sta mettendo in crisi le famiglie di lavoratori e pensionati a causa delle attese interminabili per poter effettuare il pagamento di un conto corrente, per poter ritirare la pensione e per qualsiasi altra operazione postale, poiché tutti i servizi vengono erogati da pochissimi sportelli.
La difficoltà, nell’usufruire dei servizi postali ,diventa insostenibile ed è palese il fatto che il personale addetto agli sportelli, pur prodigandosi, è assolutamente carente rispetto ai compiti che è chiamato a svolgere.Siamo di fronte a un depauperamento dei servizi minimi essenziali , grave, perché incide su utenti per lo più anziani , malati, handicappati.
E' uno stillicidio di segnalazioni. L'ultima, quella di oggi: Foggia sepolta dalle raccomandate (clicca sul seguente link:http://foggia.ilquotidianoitaliano.it/dalla-provincia/2013/04/news/foggia-sepolta-da-raccomandate-poste-italiane-apra-nuovi-uffici-23067.html/ ).
Speriamo che il nuovo Governo che si sta formando assegni la giusta attenzione a questi fattori di disagio, che riguardano tutto il Paese, e che abbia il coraggio di bloccare immediatamente processi di ristrutturazione e riorganizzazione scellerati evidentemente orientati da interessi privatistici molto distanti da quello pubblico di garantire il buon funzionamento al servizio essenziale del recapito della posta.

YASMINA 

giovedì 11 aprile 2013

AL VIA A MILANO IL PROCESSO PER L'AVVELENAMENTO DI UN FARMACISTA DA PARTE DI UN IMPRENDITORE DELL'AUTOTRASPORTO: IPOTESI INQUIETANTI AL VAGLIO DEI GIUDICI


Molti ricorderanno il fatto di cronaca che ebbe qualche tempo fa risonanza nazionale. L'anomalo omicidio, tramite avvelenamento, da parte di un imprenditore in difficoltà dell'”amico” farmacista.
La vicenda torna alla ribalta (lo testimonia l'articolo apparso ieri sulla cronaca milanese di Repubblica e che qui riportiamo) perchè è arrivato il momento dell'inizio del processo. Saranno i giudici a dirimere la questione e non sarà un compito facile. Certo, la linea difensiva dell'imprenditore scelta da parte dell'Avvocato Andrea Benzi, del Foro di Milano, se le gravi ipotesi che innanzitutto la Squadra Mobile ha avanzato (delitto consumatosi all'interno di un giro di usura in cui sono coinvolti anche pregiudicati appartenenti a clan mafiosi) saranno confermate dai giudici , non potrà non dipingere anche un preoccupante affresco delle condizioni nelle quali la piccola impresa oggi si trova a operare nel nostro Paese, in particolare al nord. L'imprenditore, Gianfranco Bona, era a capo di una impresa dell'autotrasporto che contava una ventina di dipendenti. Il nostro Sindacato, l'AGL, si è adoperato in prima persona, nei mesi scorsi, tramite accordi individuali stipulati in sede sindacale, affinchè per i lavoratori fosse garantita una uscita indolore dall'azienda ormai cessata e a rischio di fallimento. Una vicenda amarissima che dimostra come due questioni, pur da tempo all'ordine del giorno della polemica politica (le Pubbliche Amministrazioni che non saldano i propri debiti con le imprese fornitrici e il ruolo sconcertante da parte del sistema bancario nel creare più difficoltà possibili al sistema delle imprese e ai suoi lavoratori) irrisolte per mancanza di volontà da parte di chi ha governato finora il Paese, stanno mietendo vittime (pensiamo ai suicidi) tra imprenditori, professionisti e soprattutto i lavoratori e le loro famiglie che finiscono sul lastrico. In Italia si suol dire che il potere pubblico si muove tardi sulle situazioni più a rischio e solo quando ci scappa il morto. Ecco, qui non solo i morti ci sono da mesi ma abbiamo l'impressione che un po' tutti ci stiamo facendo l'abitudine. Non solo quindi un paese in decadenza per la crisi globale ma, purtroppo , un'Italia che sta sempre più sprofondando nell'indifferenza, nella violenza e nella barbarie. Inutile dire che se è la mafia l'unico prodotto italiano per il quale va a gonfie vele sia l'esportazione (valga a dimostrarlo l'ultimo libro di Saviano in cui si osserva che il modello italiano è sempre più il punto di riferimento per le più spietate cosche nel mondo) sia il mercato interno (assieme all'usura può entrare nelle vite di tutti, come questo fatto di cronaca conferma) allora sono in pericolo la convivenza civile e la democrazia. E significa pure che la spinta propulsiva delle vecchie associazioni anti mafia e anti usura forse si è esaurita e finalmente è arrivata l'ora che ogni partito, ogni sindacato (come noi dell'AGL), ogni organizzazione datoriale, ogni ordine professionale debba prendere in mano queste bandiere, senza più delegarle ad avanguardie solitarie.

domenica 17 febbraio 2013

I RAPPORTI CON L'EUROPA E I VERI INTERESSI DEI LAVORATORI ITALIANI

In campagna elettorale è uno dei tempi più trattati: quello dei rapporti dell'Italia con la Merkel e con l'Europa (da essa , sembra, di fatto, egemonizzata) con la Francia (che bene o male, come suo solito, riesce a darsi una chiave per gestire i propri interessi) con gli USA (da noi italiani criticati ma, probabilmente, non del tutto compresi)
A nostro parere i ragionamenti che si fanno in Italia sono inquinati dalla persistenza di miti e di frasi fatte. Uno dei rimpianti legati all'avvento dell'euro è quello della sopravvenuta impossibilità di mantenere il nostro export facendo leva, come una volta accadeva, sulla svalutazione. Si dice: perchè americani e giapponesi possono farlo e noi no? A nessuno viene in mente che forse è l'imprenditoria italiana a non saper essere più competitiva come una volta. Forse perchè ha sempre pensato ad arrangiarsi e a speculare più che agli interessi veri del Paese la tutela dei quali fosse oggetto dell'attività di una classe dirigente politica in verità sempre più scadente perchè scarso oggetto delle attenzioni e delle cautele (a parte le interferenze illecite e l'assalto alla diligenza delle agevolazioni) degli imprenditori. Chi è causa del suo mal, quindi, pianga se stesso.Grande responsabilità è anche dei grossi sindacati, i quali hanno seguito a ruota, come un ballo di coppia, la classe imprenditoriale, puntando non sullo sviluppo della produttività ma sul perpetuarsi dei pascoli pubblici per mantenere le proprie greggi. Poca lungimiranza quindi, anzi miopia, nonostante il fiorire di centri studi di politica economica. Ora forse è troppo tardi per scampare a un destino simil-greco (nella sostanza anche se, probabilmente, nella forma, un po' più soft...o ci saremo già dentro e non ce ne siamo accorti?)Perchè? Il fiscal-compact è ormai realtà e le ganasce ce le siamo messe e abbiamo lasciato che ce le mettessero. Gli impegni l'Italia li ha mantenuti e dovrà mantenerli. Tutti i partiti (per scarso coraggio) lo ammettono e anche chi si vuole un po' smarcare sappiamo già che dopo, in Europa, chinerà la testa perchè le grandi potenze sanno come utilizzare i loro strumenti per farsi rispettare. Non si esce da un meccanismo da un giorno all'altro. Occorrerebbero grandi personalità politiche che ragionassero su un orizzonte di medio-lungo periodo. Questi pensano solo a mantenere il loro seggio parlamentare il più possibile e a monetizzare quanto più si può. Gli altri, i “nuovi” arrivati sulla scena politica avranno pure tante buone intenzioni ma non sono oggettivamente e comprensibilmente preparati a una attività così complessa.La classe imprenditoriale? Anch'essa pensa agli affari suoi. Chi può trasferisce i propri interessi fuori dall'Italia (quindi non solo la FIAT lo sta facendo ma tutti gli altri).
Il secondo mito da sfatare è quello della tutela dell'italianità. Ma quale? Quella del boom economico degli anni '60? Bella, ma nei film. Quella delle grandi personalità e dei cervelli? Ma le une e gli altri ormai non parlano più neppure in italiano, se non nella pubblicità e nelle cerimonie di premiazione. Infatti, li abbiamo indotti a scappare via, adottando un sistema di istituzioni culturali universitarie e scolastiche quello sì degno dei film di Totò o degli spettacoli di Pulcinella. O l'italianità degli imprenditori che vanno a portare sfruttamento, mazzette, malaffare all'estero? Con quelli lì l'italiano onesto non ha nulla a che fare. Ma non è che per caso tutta questa passione per l'italianità sia alimentata dai vertici di quelle aziende (Edison, Bnl, Parmalat, Finmeccanica, Saipem, Alitalia,Telecom, Enel , Eni e Fiat) che o già sono state comprate o stanno per esserlo dagli stranieri? Ma perchè il lavoratore italiano dovrebbe preoccuparsi della sorte di imprenditori e manager incapaci e guardare con timore all'avvento di imprese e paesi diversi desiderosi di fare e non di evadere, speculare, corrompere, licenziare? Quindi, spettabile management di quelle aziende in via di acquisizione (e giornali amici), lamentatevi pure ma non nel nostro nome di italiani. Voi avete tradito l'Italia in nome del vostro portafoglio, voi con noi non avete più nulla a che fare e non vi vogliamo più. O meglio, aspettiamo di incontrarvi a fare il nostro stesso lavoro alla catena di montaggio, negli uffici o a pranzare al nostro fianco alla mensa aziendale.Vuoi vedere che grazie all'avvento degli stranieri finalmente i vertici aziendali verranno scelti in base a criteri meritocratici e non alla discendenza famigliare?

domenica 10 febbraio 2013

“ARIDATECE” ROBIN HOOD!

Tassa (relativamente) nuova, storia vecchia. Molti di voi avranno letto della denuncia dell'Authority per l'Energia sulla traslazione, da parte di molte aziende del settore petrolifero, gas, elettricità della Robin Tax a danno delle famiglie: si parla di qualche miliardo di euro, anche se sarà compito della Magistratura (se vorrà attivarsi) fare chiarezza sulle reali cifre dell'imbroglio.Ricorderete che la Robin Tax fu introdotta da Tremonti nel 2008 per finanziare la social card . Non vorremmo che a qualcuno venisse in mente di sbraitare contro l'ennesima congiura della lobby degli anziani contro le nuove generazioni. Scherzi a parte, sembra che questa volta alcune di queste aziende, ponendo rimedio alla riduzione del margine di profitto scaricando sulle famiglie consumatrici aumenti ingiustificati, l'abbiano fatta grossa.Il salasso infatti ammonterebbe a una gran parte del gettisto complessivo della tassa. Le associazioni dei consumatori sono scatenate, preannunciano class action che però, sappiamo, in Italia, causa limiti nella legislazione, non hanno la stessa forza dirompente di quelle intentate nei paesi anglosassoni.E' forte, insomma, la sensazione che quei soldi, con gli interessi legali, quelle famiglie difficilmente li avranno indietro.Ma sorge spontanea una domanda: perchè muoversi sempre quando ormai la frittata è fatta? Perchè la maggioranza che uscirà dalle urne (visto che quelle passate non hanno avuto voglia di farlo – ce ne spieghino il perchè in questa campagna elettorale-) non si deciderà a assegnare all'Authority sull'Energia poteri sanzionatori nei confronti delle aziende non corrette e non solo, come di recente ha affermato il Consiglio di Stato (appositamente interpellato) una mera funzione “notiziale”?C'era bisogno della denuncia (impotente) dell'Authority per sapere che in Italia, in questo campo, molte aziende (soprattutto quelle con maggiori agganci politici, fanno un po' quel che gli pare?