Nel prendere atto dell'esito della trattativa
Sindacati-Governo-Alitalia-Etihad, ci sembra necessario esplicitare
il nostro punto di vista.Si tratta di scelte dolorosissime ma ora che
il disastro è conclamato, occorre sforzarsi di pensare a come se ne
esce, alle prospettive.Cominciamo dai punti fermi. Alitalia è
tecnicamente fallita dal 2008. Il fatto che il settore non sia in
crisi ma in espansione aggrava il giudizio negativo sul passato, sui
Capitani coraggiosi e sulla CAI. Più che di una privatizzazione,
dati i connotati statalisti e clientelari della grande imprenditoria
italiana, sarebbe più corretto parlare di una nazionalizzazione
strisciante condotta da sostanziali burocrati mascherati da grandi
imprenditori (solo sulla carta).Se una nazionalizzazione mascherata
non ha risolto nulla ma solo aggravato, figuriamoci cosa avverrebbe
con una nazionalizzazione vera con uno Stato che in Italia è ben
diverso (e meno credibile) da quello di paesi vicini più seri del
nostro. Quindi torniamo alla necessità di un processo di entrata in
scena di privati veri . Costoro esistono ma solo all'estero. E non a
caso il salvataggio vede protagonisti gli Arabi.E' tutt'altro che una
svendita ma un vero e proprio colpo di fortuna che le strutture
aeroportuali italiane siano così interessanti e importanti in quelle
strategie. In caso contrario l'Italia (e l'Alitalia) non avrebbe
avuto scampo. Quindi il fallimento c'è e la crisi è verissima, con
la precisazione che è crisi dell'imprenditoria italiana in questo
come in altri settori.Come se ne esce? Non certo, come propone la
CGIL, con un massiccio ricorso alla Cassa Integrazione. La vicenda
degli esuberi Alitalia del 2008 dimostra come non serva a nulla non
recidere il cordone ombelicale tra la vecchia azienda e lavoratori
che mai e poi mai potranno ritornare a lavorarvi.Si rimanda solo il
problema e, facendo trascorrere inutilmente anni, si compromette la
possibilità di ricollocazione di quei lavoratori. Anche i sindacati
antagonisti sono incapaci di uscire da una prospettiva
assistenzialistica. Ma che razza di proposta è quella di non
rinnovare il contratto perchè è meglio destinare le risorse in più
a chi perde il lavoro piuttosto che aumentare lo stipendio a chi
continua a lavorare? E' offensivo considerare i lavoratori degli
accattoni senza speranza che debbano razionarsi i viveri. Così si
alimenta solo la disperazione, quando dovrebbe porsi l'accento su
quelle che potrebbero essere le possibilità di reimpiego nel caso in
cui si ponessero gli Arabi nelle migliori condizioni per realizzare i
loro progetti in Italia, che, secondo tutti gli analisti,
reinserirebbero il nostro Paese nella serie A mondiale del traffico
aereo.Ecco forse perchè gli Arabi non ne vogliono sapere di avere a
che fare con questi sindacati: perchè sono sindacati mummificati che
non sanno concepire il lavoratore in difficoltà che come uno
zombie.E' molto intreressante la sperimentazione del contratto di
ricollocazione perchè potrebbe essere, se accompagnata da un sistema
di sostegno al reddito un pò più robusto dell'attuale nel passaggio
da un lavoro all'altro, una soluzione anche per altre crisi. Certo
non è così semplice. Occorrerà vigilare (e a questo dovrebbero
servire i sindacati) sulla corretta applicazione degli
accordi.Riguardo ai contratti di solidarietà, per esempio, è
importante che si sappia che, data la pesante decurtazione della
retribuzione che comportano, gli stessi non sono a lungo sostenibili.
E' una sciocchezza chiedere, come fa la CGIL, l'impegno di Etihad a
mettere nero su bianco quali aziende private assorbiranno una parte
degli esuberi e quale numero di lavoratori ognuna assumerà. Non
viene chiesto in nessuna parte del mondo. Va invece incalzato il
soggetto pubblico perchè questa parte dell'accordo venga seguita con
attenzione nel tempo. E' una occasione importante per capire se
questa Amministrazione del Lavoro abbia ancora un ruolo nelle
politiche attive del lavoro o se invece, come pensano in molti, sia
ora che chiuda affidando queste attività a soggetti privati più
motivati e meno dispendiosi (e dannosi).Contrariamente a quel che si
pensa comunemente in Italia il lavoro c'è, nuovi contratti comunque
in tanti settori si stipulano. Il problema è che non funzionano i
processi di aggiornamento, riconversione e riqualificazione della
manodopera e che i giovani vengono male indirizzati e condizionati
culturalmente, col risultato che la domanda intercetta con difficoltà
l'offerta di lavoro.E proprio i sindacati sono i principali
responsabili, per loro arretratezza, del lavaggio del cervello ai
danni di milioni di lavoratori, anche loro associati. E poi la
riforma del lavoro.Il Jobs Act slitta a settembre.Non sarebbe ora che
il Governo, oltre che fare l'infermiere nelle trattative, cogliesse
l'occasione per dialogare con un soggetto che vuole e sta per
investire in Italia per farsi spiegare concretamente quali tipi di
contratti di lavoro sarebbero più incentivanti per una espansione
occupazionale?Chissà che non ne esca fuori qualcosa di più
entusiasmante di quanto appena avvenuto per il contratto a tempo
determinato, per il quale le cure in laboratorio del governo sono
servite a poco o nulla?
venerdì 18 luglio 2014
sabato 12 luglio 2014
COOPERATIVE: LE DIECI DOMANDE DELL'AGL AL GOVERNO-RENZI
DAL SITO DEL QUOTIDIANO “IL GIORNO”
Pagamenti in nero a oltre mille dipendenti, scatta la maxi inchiesta della Finanza
Quattro indagati. Dipendenti che neppure sapevano di essere soci della coperativa per cui lavoravano. Secondo le accuse sarebbero stati pagati stipendi in nero per 4,5 milioni di euro IL VIDEO DELL'OPERAZIONEdi Fabrizio Lucidi
Lodi, 12 luglio 2014 - Bufera su una importante ditta di logistica della Bassa Lodigiana. Nel mirino, due delle cooperative che lavorano all'interno dello stabilimento, a Somaglia. L'inchiesta della Guardia di Finanza è nata nel 2013, dopo una raffica di scioperi degli operai licenziati dopo la sostituzione di cooperative all'interno del polo logistico. Al tempo, alcune sigle sindacali avevano denunciato irregolarità subite da alcuni lavoratori.
Così, le fiamme gialle hanno voluto vederci chiaro creando una task force investigativa composta da militari del Nucleo di Polizia tributaria e della Compagnia di Lodi, supportata da elementi scelti del Comando provinciale. Quindi, sono scattati pedinamenti e l'audizione riservata di decine di dipendenti delle cooperative; in parallelo, sono state disposte indagini bancarie e i militari sono entrati in forze, più volte, nello stabilimento sia per sequestrare i documenti sia per testare la validità delle risultanze investigative.
Risultato? Le fiamme gialle hanno scoperto “che molti lavoratori non sapevano di essere formalmente soci della cooperativa che li pagava - fa sapere il Comando - Anomalie che potrebbero configurare gravi ipotesi di reato a carico dei responsabili anche occulti delle apparenti cooperative: emissione di documenti falsi, truffa aggravata ai danni dello Stato”. Tutti fatti segnalati alla Procura. Documenti falsi, perché le cooperative avrebbero emesso a favore dei “dipendenti” buste paga riportanti trasferte in realtà mai avvenute. Tutto – secondo l'accusa – per evitare di pagare le tasse. Chi, fra i lavoratori, si rifiutava si sottostare a queste decisioni sarebbe stato messo all'indice con l'assegnazione dei lavori più pesanti e l'impossibilità di fare ore di straordinario per incrementare lo stipendio.
Un sistema che – secondo le Fiamme Gialle – avrebbe goduto di impensabili connivenze da parte di alcuni sindacalisti. I formali rappresentanti delle due cooperative (entrambi indagati) avrebbero inoltre ottenuto l'ammissione alla cassa integrazione in deroga per decine di migliaia di ore di lavoro facendo figurare difficoltà economiche che in realtà non c'erano. Perché con quegli stessi soldi pubblici incassati, gli imprenditori avrebbero pagato il lavoro svolto dai dipendenti. Secondo i calcoli della Guardia di Finanza, in questo caso fra il 2010 e il 2013 le aziende avrebbero pagato 4,5 milioni di euro in stipendi in nero, proprio per non far risultare che in realtà le commesse e i carichi di lavoro si erano mantenuti stabili. In altre parole, le coop erano tutt'altro che in crisi,. Eppure, con artifizi contabili e manovre spregiudicate, avrebbero incassato i soldi pubblici della cassa integrazione. Una delle due cooperative aveva perfino ottenuto l'accesso a un finanziamento da 180mila euro da parte della Regione Lombardia per un progetto a beneficio del benessere dei dipendenti, senza però averne i requisiti. Ora sono in corso gli approfondimenti da parte della Procura di Lodi, che ha già iscritto sul registro degli indagati quattro persone. """""""""
LE DIECI DOMANDE DELL'AGL AL GOVERNO-RENZI
- PERCHE' SOLO GDF E CARABINIERI SONO CAPACI DI CONTRASTARE IN ITALIA LE FALSE COOPERATIVE? E Il MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO? E LE REGIONI? E I SERVIZI ISPETTIVI DEL LAVORO?COSA FANNO DA ANNI?
- LE COOPERATIVE PAGANO OGNI DUE ANNI ALL'ERARIO O ALLE CENTRALI COOPERATIVE UN ONEROSO “CONTRIBUTO BIENNALE DI REVISIONE”. IN CAMBIO, DOVREBBERO ESSERE VISITATE PERIODICAMENTE DA UN ISPETTORE VERO.LO STATO REVISIONA SOLO IN MINIMA PARTE LE SUE COOPERATIVE, LE CENTRALI CONTROLLANO “AMICHEVOLMENTE” LE LORO. SE QUESTI SONO I RISULTATI, CI DOMANDIAMO: DOVE SONO FINITI I SOLDI PAGATI DALLE COOPERATIVE E OGGI NON E' MEGLIO CHE QUESTI SOLDI RIMANGANO ALLE COOPERATIVE?
- COME E' POSSIBILE CHE, RELATIVAMENTE ALLE REVISIONI DELLE CENTRALI COOPERATIVE (SOGGETTI PRIVATI) I CONTROLLORI (LE ASSOCIAZIONI COOPERATIVE) COINCIDANO CON I CONTROLLATI (LE COOPERATIVE ASSOCIATE)?
- NEL MONDO COOPERATIVO SONO ATTIVI SINDACATI GIALLI, I CUI CAPI CONTATTANO I PRESIDENTI, VENDONO LORO PACCHETTI DI TESSERE DEL LORO SINDACATO, TESSERE CHE SONO PAGATE DAI DATORI DI LAVORO E ATTRIBUITE AI LAVORATORI STESSI SPESSO A LORO INSAPUTA, ALLO SCOPO DI POTER APPLICARE CONTRATTI PIRATA ED ESTROMETTERE I SINDACATI VERI DALLE TRATTATIVE E RAPPRESENTANZE AZIENDALI. LO STATUTO DEI LAVORATORI VIETA CIO' . PERCHE' I SOGGETTI PREPOSTI NON SANZIONANO TALI COMPORTAMENTI?
- E' COSI' DIFFICILE ACCERTARE GLI INTRECCI DI INTERESSI TRA DIRIGENTI E FUNZIONARI PUBBLICI INFEDELI E COOPERATIVE? BASTEREBBE INCENTIVARE E PREMIARE LE DENUNCE, FONDATE, CHE PROVENISSERO DALL'INTERNO DEGLI UFFICI STESSI, NEI QUALI TUTTI SANNO TUTTO DI OGNUNO
- SI STA RIFORMANDO DA ANNI IL DIRITTO DEL LAVORO.E' COSI' COMPLICATO RIVEDERE L'ISTITUTO DELLA TRASFERTA IN MANIERA CHE NE CESSI IL GENERALIZZATO UTILIZZO FRAUDOLENTO CHE TUTTI CONOSCIAMO DA ANNI?
- LE PERSONE FISICHE CHE CREANO E SVILUPPANO LE COOPERATIVE SPURIE SONO SPESSO LE MEDESIME DA ANNI, OPERATIVE DAGLI ANNI OTTANTA. PERCHE' NON ISTITUIRE UN “DASPO” PER CHI SI SIA RESO RESPONSABILE DI TALI COMPORTAMENTI NEL MONDO COOPERATIVO?
- SE RUBO UNA MELA AL SUPERMERCATO VIENE CHIAMATO IL 113 , VENGO PRESO E SBATTUTO IN GALERA. SE SONO UN DATORE DI LAVORO CHE CON ATTI VIOLENTI (FISICI O MORALI) ROVINO DEI LAVORATORI E LE LORO FAMIGLIE, LA GIUSTIZIA MI PERSEGUE DOPO MOLTO TEMPO E HO BUONE POSSIBILITA' DI FARLA FRANCA. MA INVECE DI AVERE UN ISPETTORATO DEL LAVORO COME L'ATTUALE NON SAREBBE MEGLIO AVERE IN ITALIA UNA POLIZIA DEL LAVORO VERAMENTE CAPACE DI UN PRONTO INTERVENTO?
- GLI INVESTITORI STRANIERI NON VENGONO IN ITALIA PERCHE' NON POSSONO FARE QUELLO CHE GLI PARE OPPURE PERCHE' IN ITALIA NON C'E' SERIETA' NEL MONDO DEL LAVORO E SICUREZZA IN REGOLE CHE SIANO APPLICABILI E APPLICATE?
- PERCHE' NON VENGONO IMMEDIATAMENTE CHIUSI QUEGLI ENTI BILATERALI CHE PRODUCONO E VENDONO FALSE CERTIFICAZIONI DI CONTRATTI DI APPALTO E DI CONTRATTI DI LAVORO? E' COSI' DIFFICILE INDIVIDUARLI (BASTA CHIEDERE IN GIRO)?
martedì 3 giugno 2014
MINISTRO POLETTI: ALLA VIGILIA DELL'EXPO E ALLA LUCE DEI SEGUENTI GRAVISSIMI FATTI, NON LE SEMBRA OPPORTUNO DARE UNA "AGGIUSTATINA" AI VERTICI AMMINISTRATIVI E ISPETTIVI DELLA DIREZIONE REGIONALE DEL LAVORO DELLA LOMBARDIA E DELLA DIREZIONE TERRITORIALE DEL LAVORO DI MILANO?
da www.corriere.it
Si vendevano per un frigorifero, un viaggio ai Caraibi, un altro
a Disneyland Parigi, un orologio, un borsellino Louis Vuitton, un
condizionatore, soldi contanti. Gli ispettori del lavoro, perennemente
eccitati dall?idea di un regalo in arrivo, accettavano di tutto.
Vivevano in funzione delle mazzette, dei doni, degli euro consegnati in
una busta e dentro la confezione di un cd musicale. Del resto il
mantra, come sintetizzato da un altro della banda che falsificava i
tachigrafi dei camion e risparmiava multe ai guidatori e guai alle loro
aziende, era il seguente: «Tutto si può fare, basta pagare». Pensiero e
parole, per il dolore dell?Arma, dell?appuntato Antonio Sorrentino, lui
pure arrestato con i tre ispettori. Il carabiniere infedele Sorrentino
pilotava le denunce, le aggiustava . La Direzione milanese del lavoro è
nella bufera, per questo marcio che avanza: l?inchiesta, condotta dagli
stessi carabinieri che non hanno esitato a far piazza pulita, per prima
cosa al proprio interno, senza sconti, con decisione, è la seconda
tranche. Mesi fa già era finita in manette lady bustarella , al secolo
Maria Assunta Spanò, 49 anni, che, beccata e catturata, s?era subito
messa a cantare , vendendosi i soci. Lady bustarella aveva fatto nomi,
aveva spiegato come funzionavano i traffici sporchi, aveva elencato come
s?era arricchita nel corso degli anni. Con lei agiva il socio Stefano
Martinelli. Costui, presentato e introdotto nelle ditte di camion dalla
Spanò, assicurava agli imprenditori che con un software da lui
inventato si potevano alterare i dati dei tachigrafi. I camionisti
debbono rispettare, oltre che il codice della strada, precise
disposizioni sui tempi e i chilometri della guida. In caso di
infrazioni, rischiano la patente e il posto di lavoro. Ma in virtù delle
azioni criminali della banda, ci son stati camionisti che hanno evitato
di perdere anche 62 punti sulla patente e multe da migliaia di euro.
Sei in totale, a quest?ultimo giro, gli arrestati. Del carabiniere
Sorrentino, 48 anni, abbiamo detto. Si aggiungano altri tre ispettori
della Direzione del lavoro che incassavano e due imprenditori che
pagavano. Gli ispettori: Giuseppe De Fina (57 anni), Elio Montini (56) e
Giuseppe Pellerito (51). Gli imprenditori: Salvatore Castaldi (44i) e
Pietro Ciprì (41). Nelle pagine di custodia firmate dal gip Giuseppe
Gennari scorrono avidità e incassi fraudolenti, denaro in cambio di
«controlli leggeri», e scorrono questi titolari d?azienda che anziché
indignarsi, denunciare, non fiatavano: vedevano com?era il sistema e si
adattavano, senza alcun scrupolo morale. Le ispezioni di Spanò e
compagnia erano piuttosto visite di piacere, un caffè, quattro
chiacchiere e due risate, insomma una farsa. E intanto si ignoravano
camionisti che bruciavano le tappe, guidavano stanchi morti e andavano a
folle velocità, per consegnare prima la merce e ricevere un premio in
busta paga. Le indagini sono dei carabinieri del Nucleo tutela del
lavoro: in sei mesi, trenta gli episodi accertati. Gli ingranaggi erano
così oliati che gli arrestati si permettevano di far gli snob. Sentite
un racconto della Spanò: «De Fina non mancava mai di farmi pesare quanto
mi aiutasse e tutte le volte che io gli chiedevo di darmi una mano
nelle verifiche, mi sentivo in obbligo e allora lui chiedeva qualcosa...
Disse che aveva bisogno di un condizionatore Daikin con due split...
Lo voleva color argento... Ricevetti a casa il prodotto... De Fina venne
a ritirare ma quando scoprì che era bianco e non argento si arrabbiò
molto...».
(01 giugno 2014) - Corriere della Sera
da www.ilgiorno.it
L?operazione? Sei arresti. Tra loro ispettori del lavoro, due imprenditori, un carabiniere infedele: «Se pagano faccio tutto»
Fermata la banda del tachigrafo
Si vendevano ai camionisti per frigoriferi, condizionatori e viaggi ai Caraibi Griffati «In cambio la ditta mi ha regalato una borsa e un portafogli di Louis Vuitton»
Galli Andrea
Pagina 05(01 giugno 2014) - Corriere della Sera
da www.ilgiorno.it
Cronotachigrafi dei tir truccati, sei arresti
Il gruppo, formato da tre ispettori del lavoro, un appuntato dei carabinieri e due imprenditori nel settore dell'autotrasporto, in cambio di mazzette, faceva evitare le sanzioni agli autisti dei tir in caso di violazioni. In sei mesi almeno 30 gli episodi accertati
Milano, 31 maggio 2014 - Sei ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite dai carabinieri a Milano nei confronti di tre ispettori del lavoro, un appuntato dei carabinieri e due imprenditori nel settore dell'autotrasporto, accusati a vario titolo di truffa ai danni dello Stato, corruzione, concussione, falso materiale.
Il gruppo di ispettori offriva agli imprenditori la possibilita' di truccare i cronotachigrafi dei tir (una sorta di scatola nera del mezzo che registra velocita', distanze percorse e altri parametri) e di evitare le sanzioni in caso di violazioni in cambio di una mazzetta. In genere la percentuale era del dieci per cento per multe che potevano superare anche i 30mila euro o, ancora peggio, costare la patente agli autotrasportatori.
In sei mesi sono almeno 30 gli episodi accertati dai militari del Nucleo Tutela del lavoro, che hanno lavorato in stretta connessione con l'ispettorato. L'inchiesta nasce come costola di un'altra indagine avviata la scorsa estate, quando ad essere arrestati furono un'ispettrice e l'ideatore di un software utilizzato nella truffa. Tra le sei ordinanze di custodia firmate dal gip Giuseppe Gennari, eseguite ieri su richiesta del pm del tribunale di Milano Giovanni Polizzi, 4 sono ai domiciliari e due in carcere: il carabiniere, che prestava servizio nell'hinterland di Milano (che aveva un ruolo di consulente) e un ispettore (accusato anche di aver effettuato controlli fuori dall'orario di lavoro e di aver comunque incassato l'indennita' di servizio).
da www.milano.corriere.it
All’estero il tesoro degli ispettori
2 giugno 2014 | 11:12
Milano, 31 maggio 2014 - Sei ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite dai carabinieri a Milano nei confronti di tre ispettori del lavoro, un appuntato dei carabinieri e due imprenditori nel settore dell'autotrasporto, accusati a vario titolo di truffa ai danni dello Stato, corruzione, concussione, falso materiale.
Il gruppo di ispettori offriva agli imprenditori la possibilita' di truccare i cronotachigrafi dei tir (una sorta di scatola nera del mezzo che registra velocita', distanze percorse e altri parametri) e di evitare le sanzioni in caso di violazioni in cambio di una mazzetta. In genere la percentuale era del dieci per cento per multe che potevano superare anche i 30mila euro o, ancora peggio, costare la patente agli autotrasportatori.
In sei mesi sono almeno 30 gli episodi accertati dai militari del Nucleo Tutela del lavoro, che hanno lavorato in stretta connessione con l'ispettorato. L'inchiesta nasce come costola di un'altra indagine avviata la scorsa estate, quando ad essere arrestati furono un'ispettrice e l'ideatore di un software utilizzato nella truffa. Tra le sei ordinanze di custodia firmate dal gip Giuseppe Gennari, eseguite ieri su richiesta del pm del tribunale di Milano Giovanni Polizzi, 4 sono ai domiciliari e due in carcere: il carabiniere, che prestava servizio nell'hinterland di Milano (che aveva un ruolo di consulente) e un ispettore (accusato anche di aver effettuato controlli fuori dall'orario di lavoro e di aver comunque incassato l'indennita' di servizio).
da www.milano.corriere.it
Il caso
All’estero il tesoro degli ispettori
Le ditte: obbligati alla mazzetta
Auto e ville in Sudamerica con le bustarelle. Il giallo del piano anticorruzione
di Andrea Galli
Ma chi controllava i controllori? E gli ultimi tre ispettori arrestati, godevano di coperture? Possibile che nessuno mai si sia fatto una domanda pur conoscendo, perché lui faceva di tutto per pubblicizzarlo, l’abissale divario tra il salario e il tenore di vita dell’ispettore del lavoro Giuseppe Pellerito? Se è stata chiusa l’inchiesta dei carabinieri sullo scandalo dei tachigrafi, alterati dai dipendenti della Direzione del lavoro in cambio di soldi e regali, gli accertamenti investigativi proseguono. Dopo i sei in manette (oltre appunto ai tre ispettori, ci sono due imprenditore e un appuntato dei carabinieri) ci sono tanti misteri da decifrare e scoperchiare. Bisogna vedere se, per esempio, oltre a quello dei tachigrafi ci sia un altro settore professionale oggetto di ruberie e cattivi comportamenti. E quanti altri Pellerito ci potrebbero essere fra i suoi colleghi? Per la cronaca Pellerito, nato a Milano nel 1962 e qui in città residente in via Damiano Chiesa, è quello descritto da Maria Assunta Spanò, classe ‘53, originaria di Reggio Calabria, residente a Siziano, in provincia di Pavia, lei pure ispettore del lavoro, già arrestata sempre per bustarelle, e grande accusatrice con le sue confessioni del sistema-tachigrafi.
Il tenore di vita sospetto
Ha detto Spanò su Pellerito: «Conduce un tenore di vita assolutamente sproporzionato al suo reddito da lavoro, anche a detta di altri colleghi, possiede una barca in Croazia, una casa in Messico... e oltre tutto lavora part-time», peraltro con uno stipendio da statale. E pensare che nelle Direzioni del lavoro c’è, ci sarebbe anche un piano anti-corruzione da rispettare. Il piano, per esempio, prevede una rotazione degli incarichi di capo-ufficio, ma il turnover sarebbe soltanto sulla carta. Altro tema da approfondire riguarda i rimborsi spesa presentati dagli ispettori e il fatto che molti di loro evitino perfino di passare per l’ufficio ma stiano fuori tutto il giorno, comportandosi come liberi professionisti, senza rendere conto a nessuno del proprio operato. E allora, forse, in assenza d’un argine all’interno, era difficile pretendere che potesse esserci all’esterno, dove peraltro i titolari delle ditte di camion visitate dagli ispettori hanno dimostrato di volersi adattare da subito alle mazzette. Ha raccontato uno degli arrestati ai carabinieri: «Andai da Pellerito e poiché lui insisteva nel voler controllare la Zama, gli dissi che io avevo in verifica l’Eurotrans che sapevo interessare a lui, e in effetti lui mi disse che quella ditta non gliela dovevo toccare e non dovevo elevare alcuna violazione, al limite potevo contestare 150 euro di violazioni e lui avrebbe fatto altrettanto con la Zama. Io però gli dissi che la verifica alla Eurotrans era già stata completata e che l’avevo già aiutato, quindi non potevo e non volevo fare come lui mi aveva chiesto. Ho contestato alla Eurotrans 5.000 euro di sanzioni. Dalla Eurotrans ricevetti come regalia 3.000 euro in una busta in mezzo a un giornale dal responsabile della ditta Marco Stefano che mi disse: «Sono disposto a tutto, faccia lei».
La regola di mercato
I titolari delle aziende nemmeno lo mettevano in discussione: bisognava inchinarsi agli ispettori, bisognava aggiustare , e loro si comportavano di conseguenza. Del resto, come ha spiegato uno di loro, la questione è molto semplice: «La bustarella è una sorta di regola di mercato. Nel senso che tutti gli altri pagano e tu che cosa fai? Imiti la concorrenza». Siano piccoli o grandi appalti, siano le opere pubbliche o i tachigrafi dei camion, poco cambia: ci si mette d’accordo. Ci s’ingegna. Ci sono stati imprenditori che, in mancanza di denaro contante pronto per il versamento, hanno donato quel che avevano. In un caso, anche un bancale di pellet; l’ispettore corruttore aveva una stufa e il pellet capitava a meraviglia. Fu caricato su un camion e portato a destinazione.
giovedì 10 aprile 2014
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